Prendiamoci cura della Terra

Un pesce …verticale

Fino a prova contraria tutti i pesci vivono e si muovono con l’asse cranio-caudale mantenuto in posizione orizzontale, ma c’è un’eccezione ed è quella dei cavallucci marini che vivono invece in posizione verticale. Il loro deve essere stato un lungo e complesso percorso di adattamento, che ha comportato la perdita della pinna caudale e delle ventrali, delle scaglie, dei denti e delle ossa opercolari che coprono le branchie. Inoltre la muscolatura si è ridotta, il capo si è piegato verso il basso a 90° con il resto del corpo, ora ricoperto da una corazza ossea costituita da sette anelli toracici e da quattro caudali, rinforzati da scudetti dorsali e laterali, in connessione con le vertebre, così da irrobustire il tutto.

Ippocampo (Hippocampus guttulatus) fotografato a Porto Conte – Alghero
Foto di Marco Busdraghi – CC BY 3.0 via Wikimedia Common

La posizione e la forma assunta dalla testa ed il lungo muso tubolare finiscono per farli assomigliare ad un cavallo del gioco degli scacchi, fatto accentuato da una specie di criniera formata da escrescenze e papille cutanee, presenti almeno in alcune specie. Non poco se pensiamo all’archetipo di un pesce come una trota…

La corazza ossea impedisce ovviamente una motilità da “pesce”, e così i cavallucci si debbono accontentare di movimenti di breve portata e di semplici cambiamenti di profondità. La relativa spinta propulsiva è data dalla pinna dorsale (ora posteriore) e dalle pettorali, posizionate quasi fossero orecchie, mosse curiosamente come piccoli ventagli. Non di rado i cavallucci, attaccati ad un ciuffo d’alghe con la coda tipicamente ricurva a spirale, si lasciano trasportare dalle correnti in movimenti passivi di dispersione. La postura eretta è determinata dalla spinta verso l’alto conferita dalla vescica natatoria, compensata dalla parte caudale che funziona come “corpo di gravitazione” verso il basso. Egualmente le varie posizioni nella colonna d’acqua sono frutto di rapidi spostamenti di gas dalla parte anteriore alla posteriore della vescica natatoria.

Cavalluccio marino (Hippocampus hippocampus)_aggrappato a un tallo di Ascophyllum nodosum un’alga bruna che prolifera sulle coste dell’Oceano Atlantico.
Foto di Hans Hillewaert CC BY – SA 4.0

Gli habitat dei cavallucci sono le praterie di posidonia e le distese di alghe ad una profondità non oltre la decina di metri. Abilmente nascosti e mimetizzati, ancorati solidamente con la coda, scrutano l’intorno con i piccoli occhi che si possono muovere indipendentemente in direzioni diverse (come i camaleonti) in attesa di piccoli crostacei e larve veicolati dalle acque, da “inalare” abilmente. Il lungo muso con la bocca all’apice, funziona infatti come una pipetta aspirante che risucchia la preda; il flusso è creato dalla retrazione dell’arco ioideo con il contemporaneo abbassamento della mandibola che allargano la cavità orale. Nella predazione il capo rappresenta la parte più mobile orientandosi verso il bersaglio; anche questo è un adattamento esclusivo tra i pesci, che hanno il capo del tutto solidale con la colonna vertebrale. Come dire che i cavallucci hanno il collo!

Ma se gli adattamenti morfologici sono nel cavalluccio plurimi e sorprendenti, non son nulla rispetto a quelli riproduttivi. Nell’ambito dei pesci esistono differenti casi in cui le cure parentali sono ad esclusivo carico dei maschi, come in alcune Tilapia (pesci Ciclidi) in cui le uova vengono incubate da questi ultimi. Le tengono nel cavo orale fino alla fuoriuscita degli avanotti, che vi fanno rientro in caso di pericolo, quasi fosse una sicura tana. Non da meno il piccolo Spinarello si costruisce da solo il nido, vi attira più femmine inducendole a lasciarvi le uova, che poi cova fino alla schiusa, ventilandole con le pinne pettorali in modo da assicurare loro il necessario apporto di ossigeno. L’impegno del maschio nella riproduzione è una caratteristica comune di tutto il gruppo sistematico (Singnatiformi) di cui fanno parte Pesci Ago e Cavallucci marini.
Entrambe hanno infatti sviluppato una tasca incubatrice (marsupio) situata dopo l’apertura anale, in forma di una piega cutanea dotata di una piccola apertura, chiudibile mediante uno sfintere muscolare. E’ qui che la femmina, al termine di un lungo e complesso cerimoniale di corteggiamento, infila le uova con la sua papilla genitale, lasciandole alle cure del maschio. Le uova si svilupperanno in circa quattro settimane all’interno del marsupio, ed il papà partorirà minuscoli cavallucci in tutto simili ai genitori. Li fa uscire in gruppi di 15-20 alla volta, con un travaglio che dura molte ore. La nascita è annunziata da movimenti della coda portata con forza in avanti così da comprimere il marsupio ormai tesissimo facilitando l’uscita dei piccoli. Il tutto accompagnato da brevi scatti e balzi in avanti. La prole è dunque “atta” come i pulcini, pronta a nutrirsi autonomamente. Secondo alcuni autori, i piccoli possono rientrare nel marsupio ma altri lo negano, cosa su cui concordo pienamente vista la costituzione del marsupio e le ridotte capacità di manovra dei piccoli.
Nel video si può osservare il parto del cavalluccio Hippocampus guttulatus, una specie presente nel Mediterraneo e in Atlantico, ben riconoscibile per la criniera, che manca nel tipico cavalluccio marino

Tra le varie descrizioni dei preliminari amorosi del cavalluccio marino mediterraneo o camuso (Hippocampus antiquorum) mi rifaccio a quella di W. Luther (1961). Dalla fine di maggio all’inizio di luglio, i maschi ormai in fregola, gironzolano sul fondo con il capo abbassato sul petto e la coda che penzola in basso; la tasca è già rigonfia per l’alto contenuto di ossigeno, e spesso la comprimono con la coda. Se incontrano una femmina matura, questa li invita a risalire verso la superficie con cenni ripetuti del capo, che si alza ed abbassa più volte. I due risalgono girandosi intorno in una specie di carosello, affrontandosi e riallontanandosi fino a trovarsi ventre contro ventre: è allora che la femmina protrude di alcuni millimetri la papilla genitale infilandola nell’apertura del marsupio. La manovra è rapidissima, circa 10 secondi, in cui fino a 200 uova vengono trasferite. Così uniti, con il capo rivolto l’uno verso l’altro, come a guardarsi, le code curvate indietro ad arco, consumano il loro fugace rapporto e tutto ha fine. Un problema: ma le uova quando vengono fecondate? Nessuno lo dice (e forse nessuno lo sa). Per analogia a quanto noto per alcuni pesci ago, la fecondazione dovrebbe avvenire dopo che le uova sono nel marsupio, non essendo mai stata descritta una fecondazione interna della femmina.

Pesce ago (Syngnathus acus) fotografato nell’isola di Rab (Croazia) da Roberto Pillon – CC BY 3.0

Cavallucci marini e pesci ago sono largamente presenti in tutti i mari, anche i più freddi; la radiazione adattativa che li ha generati ha prodotto un complesso di 340 specie appartenenti a 53 differenti generi. I cambiamenti più spinti sono a carico dei cavallucci, in quanto i pesci ago hanno ancora la pinna caudale, una corazza meno ossificata e nuotano da pesce in orizzontale, anche con ondulazioni del corpo. Alcuni di essi (Nerofidi) non hanno tasca incubatrice ma 2-4 solchi cutanei ventrali dove la femmina depone le uova.

Pesce ago (Syngnathus acus), fotografato nel Parco Naturale di Arrábida, in Portogallo
Foto di Diego Delso – CC BY SA 4.0

Le distese di alghe e posidonie sono comunque per tutti l’habitat preferito: è li che si possono nascondere e mimetizzare con estrema efficacia. Allo stesso tempo è lì che possono trovare le minuscole prede di cui abbisognano sia gli adulti che specialmente i piccoli.

Le due specie mediterranee (Hippocampus antiquorum e H. guttulatus) sono molto simili tra di loro ed abitano gli stessi ambienti, tuttavia la eventualità di incroci indesiderati tra i due è scongiurata da una “barriera etologica” che li separa efficacemente: durante il corteggiamento i guttulatus avviticchiano la coda con quella della femmina, cosa che non avviene mai nell’antiquorum: finezze evolutive per una stabile convivenza!

Crediti
Autore: N. Emilio Baldaccini. Già Professore Ordinario di Etologia e di Conservazione delle risorse Zoocenotiche dell’Università di Pisa. Autore di oltre 300 memorie scientifiche su riviste internazionali e nazionali. Svolge attività di divulgazione scientifica. E’ coautore di testi universitari di Etologia, Zoologia Generale e Sistematica, Anatomia Comparata.