Prendiamoci cura della Terra

Il diritto di essere aliena

Fico degli Ottentotti (Carpobrotus edulis) originaria del Sud Africa è fortemente invasiva e costituisce un grave pericolo per le specie pioniere sia delle coste sabbiose che rocciose.

Dal periodo Neolitico a quello delle colonizzazioni e delle esplorazioni geografiche, le introduzioni di specie provenienti da altri territori hanno agevolato la vita dell’uomo soprattutto dal punto di vista alimentare e della salute. Ai giorni nostri il processo di globalizzazione e l’apertura di nuove vie di comunicazione e trasporto hanno facilitato anche gli spostamenti delle specie animali e vegetali tra i vari continenti, accelerando così le introduzioni dai paesi d’origine. Questi processi vengono oggi visti dalla comunità scientifica internazionale anche sotto un altro aspetto, considerando che alcune di queste specie possono adattarsi ad altri territori e, in assenza di competitori naturali, diventare invasive e pericolose per le specie e gli habitat nativi.

Per questo motivo l’espansione delle specie aliene[1] invasive costituisce uno dei più attuali problemi ambientali e un tema dominante nella ricerca scientifica. Esse sono considerate tra i principali fattori dei cambiamenti globali ed indicate come la seconda causa di minaccia e riduzione della biodiversità della biosfera, dopo la degradazione, frammentazione e perdita di habitat (UICN, 2000). Il processo di invasione è favorito dall’alterazione preesistente degli habitat e dalla presenza dell’uomo, infatti, gli habitat naturali più a rischio sono quelli già ampiamente minacciati dall’urbanizzazione e dal turismo, quelli delle zone costiere ed insulari, dei laghi e dei fiumi. Molti riferimenti legislativi internazionali, comunitari e nazionali impongono dei limiti alle loro introduzioni, cercando di prevenire il fenomeno che ha dei costi economici elevatissimi nelle fasi di controllo e di eradicazione.

Naturalmente anche le specie autoctone possono incrementare la loro diffusione per opera dell’uomo e in questo senso diventare “invasive” come le aliene, ma questo fenomeno viene giustificato con la capacità colonizzatrice che è insita in ogni specie. Colonizzazione è un termine più opportuno da usare invece di invasione in quanto quest’ultima è propria di specie che vengono a contatto con ambienti nuovi, privi dei fattori naturali di controllo che si trovano nei territori di provenienza. Questi sono i diritti di cui può avvantaggiarsi una specie autoctona.

Dov’è il confine tra la pericolosità di una specie autoctona che viene introdotta in un habitat diverso dal suo e lo colonizza, e una specie alloctona che invece invade un nuovo territorio? Possiamo definire altrettanto pericolose le autoctone portate fuori dal proprio habitat dall’uomo, il cui comportamento potrebbe avere delle conseguenze pari a quelle provocate dalle specie cosiddette “alloctone invasive”, se gli effetti nel territorio sono l’omogeneizzazione della flora e della fauna e la perdita della biodiversità?

È come se la specie autoctona possedesse una carta d’identità per la propria cittadinanza italiana e per questo l’alloctona non ne avesse il diritto. Eppure sono tanti gli esempi di specie autoctone o addirittura endemiche a cui dovrebbe essere data con cautela questa cittadinanza. Certo non nel senso di diritto a stare nel proprio paese, inteso in questo senso come proprio habitat nell’areale originario, ma evitando che per cause antropiche dal proprio paese passi in quello limitrofo causando disequilibri alla biodiversità locale.

Radicchio di scogliera (Hyoseris taurina) fotografato nelle “Roccaglie della biodiversità” dell’Orto Botanico di Cagliari (Hortus Botanicus Karalitanus). Foto G. Bacchetta.

Per esempio il Radicchio di scogliera (Hyoseris taurina) è un’endemica Tirrenica di alto valore perchè il suo areale è limitato ad un’area della Sardegna: è presente solo negli anfratti rocciosi delle aree costiere del Sulcis-Iglesiente. Questa specie viene considerata una casmofita[2] obbligata perché il suo sviluppo è fortemente limitato nel proprio habitat a causa della pressione di competizione con le altre specie. Però fuori dal suo territorio di origine, in ambiti non soggetti al pascolo, si sviluppa adattandosi perfettamente e diventando invasiva, come, per esempio, è accaduto nell’Orto Botanico di Cagliari. Potenzialmente potrebbe diventare invasiva degli habitat rupicoli caratteristici delle rocce calcaree di tutta Cagliari!

Cavolo di Sardegna (Brassica insularis) fotografato nelle “Roccaglie della biodiversità” dell’Orto Botanico di Cagliari Orto Botanico di Cagliari – Hortus Botanicus Karalitanus. Foto G. Bacchetta.

Stesso discorso per il più conosciuto Cavolo di Sardegna (Brassica insularis), altra specie endemica Tirrenica, considerata preziosissima per la nostra flora perché inserita nell’all. II della direttiva “Habitat”, Dir. 92/43/CEE. Anche questo è un caso di specie autoctona che fuori dal proprio habitat può comportarsi come una specie aliena invasiva mentre nel proprio è una casmofita obbligata e confinata nelle pareti rocciose. Probabilmente il suo forte sviluppo nell’Isola dei Cavoli anche fuori dalle pareti rocciose è dovuto all’abbandono più che trentennale, dei pascoli da parte dei pastori che ogni anno effettuavano la transumanza del bestiame nell’isola e si può spiegare invece la sua assenza nella costa prospiciente con la presenza di questi pascoli.

Fiori e silique di Cavolo di Sardegna (Brassica insularis). Foto G. Bacchetta.

Insomma, le stesse norme di cautela e prevenzione che dovrebbero essere adottate per le specie aliene per evitare il loro inserimento nei nostri giardini, parchi, vivai e orti botanici, (cosa ancora lontana nel nostro paese) si dovrebbero  utilizzare anche per quelle autoctone.

In conclusione quello delle aliene è un discorso che in piccola scala dovrebbe essere fatto per tutte le specie che potenzialmente hanno carattere invasivo e che, a causa dell’intervento volontario o involontario dell’uomo, possono diventare una minaccia per la biodiversità preesistente.

 

[1] Sono specie aliene o alloctone le specie che si trovano al di fuori del loro areale di distribuzione originario, prendendo come punto temporale di riferimento il periodo Neolitico o post-Neolitico. L’introduzione delle specie aliene è strettamente legata alle attività antropiche che agevolano queste specie a superare delle barriere biogeografiche altrimenti insormontabili per loro.

[2] Pianta rupestre che vive nelle fessure o nei crepacci delle rocce.

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

PYŠEK P., RICHARDSON D.M., REJMÁNEK M., WEBSTER G.L., WILLIAMSON M., KIRSCHNER J., 2004. Alien plants in checklist and floras: towards better communication between taxonomist and ecologists. Taxon, 53(1): 131-143.

RICHARDSON D.M., PYŠEK P., REJMÁNEK M., BARBOUR M.G., PANETTA F.D., WEST C.J., 2000. Naturalization and invasion of alien plants: concepts and definitions. Diversity and Distributions, 6(93-107).

Articolo tratto da Morisia newsletter (http://www.ccb-sardegna.it/)