Prendiamoci cura della Terra

Una tira l’altra, ma . . .

Le ciliegie di maggio

È maggio, un cestino colmo di ciliegie troneggia sulla nostra tavola. Impossibile resistere, in un batter d’occhio ne abbiamo mangiate un bel po’. Se non ne facciamo indigestione, non c’è da preoccuparsi, oltre che buonissime, le ciliegie  hanno numerose proprietà benefiche. Contengono Vitamina A e C, sali minerali (calcio, ferro, fosforo, sodio, magnesio e , soprattutto, potassio), oligoelementi (zinco, rame, manganese e cobalto) e antiossidanti. Sono quindi ottime alleate per la nostra salute.

Foto Utente Timido1983, Wikimedia Commons

Le ciliegie sono il frutto dell’albero di ciliegio Prunus avium e il nome ci ricorda che anche gli uccelli ne sono ghiotti; la pianta che viene coltivata è stata ottenuta da ripetute ibridazioni della specie selvatica
Originario del’Asia minore, da circa tremila anni  il ciliegio si è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo. In Italia fu introdotto nel II secolo a.C. dai Romani. Si è diffuso poi in tutto il mondo, ma il 75% della produzione mondiale  è in Europa.
In Italia è coltivato un po’ in tutte le regioni, con una concentrazione in Campania, Veneto, Emilia Romagna, Puglia e Lazio. La specie è diffusa anche allo stato selvatico in molti boschi fino a 1.000 metri di altitudine.
Ogni regione produce diverse varietà di ciliegie: si contano oltre 150 cultivar, molte delle quali hanno importanza solo locale.
Se la Turchia è leader mondiale per produzione con circa 599.650 T all’anno,  l’Italia è leader europeo  con circa 104.766 T annue, che soddisfano quasi completamente il fabbisogno nazionale; se ne importano per 11.700 T da Spagna e Grecia; se ne esportano 2.393 T in Svizzera, Germania e Austria.

E’ la biodiversità rurale, risultato delle risposte adattattive delle specie selvatiche coltivate in ambienti locali, grazie alla paziente opera di selezione da parte dell’uomo; è frutto cioè dell’interazione tra ambiente, risorse genetiche, sistemi colturali adottati da popolazioni culturalmente diverse, che utilizzano le risorse ambientali in modi diversi.

Tra una parola e l’altra, una ciliegia e l’altra il cestino è quasi vuoto, le ciliegie sono davvero buone, tanto che vorremmo poterne mangiare tutto l’anno, anche a Natale e in pieno inverno. Il mercato globale ce lo permette

Le ciliegie di dicembre

Le ciliegie che mangiamo a Natale, pregustando l’arrivo della primavera, provengono  dall’altra parte del mondo, principalmente dal Cile, che ha una produzione di circa 287.000 T annue.  Durante l’inverno 2020/21, il Cile ne ha esportate 240.000 T.
Ci siamo mai chiesti però qual è il costo ambientale in termini di produzione di CO2 , riferito al trasporto, tra il consumare ciliegie di stagione locali e ciliegie cilene?
Se per esempio consideriamo di consumare a Sassari ciliegie locali di Bonnanaro, vediamo che l’impatto sull’ambiente determinato dal trasporto per 36,2 km determina la produzione di 67g. di CO2 per kg di ciliegie.

Ben diversa la situazione  nel caso delle ciliegie cilene. Le ciliegie cilene impiegano 1 giorno e 2 ore di aereo a percorrere gli 11.554 km che separano Santiago del Cile  dal Mercato civico di Alghero, con una produzione di CO2 pari a 21,6 kg per chilo di ciliegie, senza contare gli altri inquinanti che il trasporto aereo emette.
Fino a pochi anni fa gli alimenti percorrevano brevi tragitti per andare dal produttore al consumatore; oggi, invece, attraversano oceani e continenti da un capo all’altro del.mondo.
Si stima che il 98% della produzione agricola fresca italiana sia trasportata a una distanza superiore a 50 km dal luogo di produzione e questo implica un aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera con effetti importanti sul cambiamento climatico.
Attualmente tale valore è di circa “390 ppm con una crescita costante di 2,5 ppm annue, dove ppm significa parti per milione, ovvero per ogni milione di particelle di varia natura, presenti in atmosfera, 390 sono di CO2. In epoca pre-industriale tale concentrazione era di 280 ppm”. (Fonte ENEA).

Che fare?

Dobbiamo essere consapevoli   che ogni prodotto e ogni filiera di produzione, porta con sé un fardello di energia, di risorse consumate e di inquinanti prodotti, che non vediamo e che non possiamo leggere sull’etichetta  al momento dell’acquisto. Possiamo leggere però il luogo di produzione. Cerchiamo  di  acquistare  “cibo a chilometro zero” e riflettiamo su quanto sia importante e prioritario consumare prodotti di zona e di stagione.
Ognuno può fare la propria parte modificando in parte il proprio stile di vita, inviando così segnali ai sistemi produttivi e industriali che hanno  enormi potenzialità di miglioramento in termini di efficienza ed efficacia ecosostenibile.

Foto Benjamint444, edited by Fir0002 – Opera propria, CC BY-SA 3.0

Crediti:

Autore: Maria Beatrice Lupi. Naturalista, esperta in formazione, progettazione per lo sviluppo sostenibile, metodologie partecipative e progettazione europea.  Attualmente si occupa di divulgazione e di educazione alla sostenibilità.