Prendiamoci cura della Terra

Congiunzioni fra natura e tecnologia

Pararge aegeria, la farfalla erroneamente ritenuta estinta nel territorio dell’Isola d’Elba.
(Foto di Marc Pascual da Pixabay)

Era la fine degli anni settanta. Le profonde ferite che l’incontrollato sviluppo industriale infliggeva a persone e ambiente, favorivano la nascita e la crescita di associazioni ambientaliste, mentre l’interesse verso la natura sacrificata aumentava. Lo sviluppo tecnologico, legato alle fotocamere e alle nuove emulsioni fotosensibili, dava l’impulso finale all’avvento dell’era dell’immagine. Documentari, riviste, pubblicazioni rispondevano con foto sempre più perfette al desiderio sempre crescente di “vedere da vicino” specie animali e floristiche dai colori vistosi, dalle forme inconsuete, dai costumi sconosciuti.

Insieme alla semplice curiosità dei tanti, andava maturando in alcuni la coscienza della responsabilità che il nostro stile di vita aveva nei confronti delle specie che ci fanno compagnia sul Pianeta. Un robusto numero di volontari, in genere mossi dalle associazioni ambientaliste, ha cominciato a lavorare per la protezione e, in questo ambito, ha cominciato a censire la numerosità degli individui appartenenti alle diverse specie per considerare la loro possibilità di sopravvivenza. Sono nate le checklist. Accanto agli esperti hanno cominciato a lavorare gli appassionati di tutte le età. Le checklist degli uccelli urbani, ad esempio, in quasi tutte le città italiane ed europee sono state compilate da studenti: un nuovo modo di fare didattica delle scienze e iniziare un percorso di cittadinanza attiva.

Gli anni novanta hanno messo in mano a tutti macchine fotografiche e ICT capaci di fare bellissime foto senza dover conoscere alcuna tecnica fotografica. Le splendide riviste naturalistiche hanno piegato il capo e l’amore per la natura e le sue espressioni ha, almenno in apparenza, subito una certa flessione.

Gli ultimi dieci-quindici anni, però, hanno visto una crescente “ri-affezione” verso la natura selvatica. Le catastrofi ambientali legate al cambiamento climatico e al dissennato uso del suolo hanno probabilmente determinato un fenomeno simile a quello degli anni ’70-‘80. In questo caso le associazioni ambientaliste non sono in primo piano come allora. E’ il web che collega interessi e suggerisce soluzioni. Le attività di citizen science legate ai progetti di conservazione stanno diventando un modo per monitorare il territorio e le specie attraverso tecnologie Internet. Ancora una volta i supporti tecnologici fanno la differenza.

Il Museo di Storia Naturale della Maremma, il cui direttore è fra i coordinatori dell’ECSA (European Citizen Science Association), coinvolge i cittadini nel riconoscimento dei resti di animali spiaggiati lungo le coste per raccogliere dati sugli ambienti naturali. Le specie identificate vengono poi comunicate ad una piattaforma Internet.

Anche il Parco dell’Arcipelago Toscano ha utilizzato questo tipo di ricerca per il mappaggio delle farfalle. Nell’ambito del “barcoding of life” ha fatto sequenziare il barcoding[1] di 50 specie di farfalle. Le escursioni fatte all’Elba nell’ambito delle attività citizen science con cittadini ed esperti hanno confermato la presenza della Pararge aegeria, una specie di farfalla osservata una sola volta circa trenta anni fa e mai più incontrata, e trovato due nuove specie per l’Isola (Lycaena phlaeas e Celastrina argiolus). A Giannutri, invece, è stata confermata la preziosa popolazione di Coenonympha elbana, che ha un’impronta di DNA completamente diversa da quella delle altre popolazioni esistenti. Anche in questo caso, tutti i dati confluiscono in una apposita piattaforma web.

Le innumerevoli foto di insetti inserite su Flickr hanno fatto scoprire all’entomologo Shaun Winterton la Semachrysa jade fotografata in Malaysia da Guek Hock Ping. Nasce una nuova forma di ricerca ambientata nei social media. In questo caso però, contrariamente a quelli in cui i rilevatori volontari inviano i dati, nascono problematiche legate alla privacy, all’archiviazione e ai crediti. Per superare l’impasse, l’entomologo Morgan Jackson suggerisce di dare alle nuove specie il nickname di chi ha scattato la foto. Nel caso di Twitter gli insetti si chiamerebbero con la @.

 Semachrysa jade femmina
La Semachrysa jade femmina fotografata in Malaysia da Guek Hock Ping.

Meno interattive, ma ugualmente stimolanti, i cinque Wikiorto, novelle “guide turististiche” di altrettanti orti botanici italiani: App per Smartphone che combinano informazioni e sistema di geolocalizzazione delle piante legnose presenti negli Orti botanici 2.0.

In Italia è paradigmatico il caso della piattaforma www.ornitho.it: nata da associazioni di appassionati di birdwatching,  a partire dal 2009 agli iscritti è stato possibile  caricare liberamente i dati relativi a osservazioni di specie di uccelli effettuate in  territorio italiano (Repubblica Italiana, San Marino e Città del Vaticano). I dati raccolti si stanno rivelando un preziosissimo strumento di lavoro per la realizzazione dell’Atlante degli uccelli nidificanti in Italia e per quello degli Uccelli in inverno. Dall’ottobre 2014 la piattaforma ha allargato la capacità di raccolta dati e viene utilizzata anche per Rettili, Anfibi, Libellule, Mammiferi terrestri, Mammiferi marini, Chirotteri.

La ricchezza di osservazioni effettuate da appassionati, e validata da esperti attraverso i mezzi offerti dalla tecnologia, diventa non solo ricerca scientifica e ricchezza di saperi comuni, ma strumento indispensabile per la gestione dei territori e la protezione delle diverse specie. In tutti i casi, la conservazione della biodiversità e l’informazione scientifica corrono sulle reti informatiche, connettendo la nostra specie alle altre in forme di alleanze immateriali nei mezzi e naturalmente materiali nei contenuti.

[1] E’ la sequenza del segmento di DNA Mitocondriale CO1, che permette di ricostruire la storia biogeografica di ogni specie. Il barcoding anche utile per delineare la storia evolutiva di popolazioni che vivono in regioni diverse. Le informazioni contenute nel DNA possono infatti permettere di ricostruire le relazioni di parentela fra diverse popolazioni e stimare da quanto tempo esse si sono separate.

Crediti

Autore: Anna Lacci è divulgatrice scientifica ed esperta di educazione all’ambiente e alla sostenibilità e di didattica del territorio. E’ autrice di documentari e volumi naturalistici, di quaderni e sussidi di didattica interdisciplinare, di materiali divulgativi multimediali.