Prendiamoci cura della Terra

Il condominio che non ti aspetti

E’ una tiepida giornata di fine febbraio, uno dei muratori che stanno ristrutturando alcune parti della casa avverte: -fra un’oretta dobbiamo lavorare sul lato esterno della casa esposto a sud; la lampada la smontiamo noi o preferite farlo voi?

La lampada da smontare

Con mio marito decidiamo di smontarla noi, così ne approfittiamo anche per darle una pulita: cacciavite e attenzione, perché è di terracotta. Lui svita, io la reggo per non farla cadere. Tolte le viti, fa un po’ di resistenza. Tiro leggermente e si sente come un leggero crepitio, come di microscopici legami che si spezzano.

Lo sbalordimento che segue è contagioso. Siamo tutti senza parole. Dall’esterno, guardando da ogni lato, non si scorgeva nulla… ed è passato poco più di un anno dall’ultima volta che la nostra colf l’ha pulita. Mi torna in mente la sua frase: – non hai idea di quello che ci ho trovato dentro!
Vero! Nell’intercapedine fra lampada e copri-lampada si è creato un ecosistema!

E riascolto il professor Nobili che al primo anno di scienze biologiche, durante il corso di biologia generale, ci spiegava che in natura non esiste il vuoto.

Così, muniti di lentino e macchina fotografica, incuriositi, guardiamo da vicino questo piccolo mondo che si è sviluppato, a nostra insaputa, in questo vano così angusto.
Per cominciare esaminiamo lo spazio occupato da questo microambiente: la copertura di terracotta, materiale naturale, ripara dal caldo e dal freddo eccessivi; la ventilazione è garantita dai fori attraverso cui passa la luce e il materiale è estremamente traspirante.
La parete su cui poggia la lampada è esposta a sud: d’inverno protegge uova e larve che si schiuderanno e sfarfalleranno in primavera; d’estate i pampini della pergola d’uva la riparano dal caldo eccessivo.

Interno del copri-lampada

Guardando l’interno del copri-lampada, notiamo come la sua superficie porosa abbia permesso alle vespe vasaio di ancorare i loro piccoli orci sulla parete del copri-lampada. Sono diverse le specie di vespe in grado di “lavorare” il fango; pensiamo che la vespa vasaio che ha costruito questi vasi sia l’Eumenes fraternus. E’ una specie dal comportamento solitario originaria degli Stati Uniti orientali e del Canada: la femmina costruisce un vaso in miniatura con il fango, in cui depone un uovo e un bruco vivo paralizzato dal suo veleno. La piccola larva che nascerà dall’uovo potrà svilupparsi cibandosi del bruco fino a quando dal vaso uscirà la nuova vespa.

Interno del copri-lampada
a. Nidi di vespe vasaio (Eumenes fraternus); b. una femmina di Eumenes fraternus ha appena finito di costruire il vaso che ospiterà un suo uovo; c. piccoli, misteriosi frammenti di “sigari” di foglie di pioppo dispersi fra vasi di vespa dello scorso anno; d. sigaraio del pioppo (Byctiscus populi).

Nella parte bassa del copri-lampada, fra i vecchi vasi della vespa, scorgiamo frammenti di foglie secche di pioppo arrotolate. La scorsa estate avevamo notato, su un ramo alto di un pioppo, alcune foglie arrotolate e, cercando nei manuali di entomologia, avevamo scoperto che uno dei nostri pioppi ospitava il sigaraio del pioppo (Byctiscus populi). Vedere pezzi di questi “sigari” nel copri-lampada ci lascia molto, molto perplessi. I pioppi distano meno di dieci metri dalla lampada, ma i frammenti di sigaro non possono essere arrivati qui da soli…

Le uova del sigaraio del pioppo vengono deposte all’interno di “sigari” ottenuti arrotolando il lembo di una foglia singola; l’operazione viene facilitata incidendo il picciolo fogliare o il germoglio in modo da diminuirne il turgore, senza peraltro provocarne il disseccamento. Ogni sigaro può contenere fino a una decina di uova. Le giovani larve si nutrono dei tessuti fogliari all’interno del sigaro, che presto cade a terra. Le larve raggiungono la maturità nel corso dell’estate e abbandonano il sigaro per costruirsi una celletta d’impupamento nel terreno. I nuovi adulti possono rimanere nella celletta fino alla primavera successiva, oppure fuoriuscire nell’autunno e superare l’inverno in ripari occasionali.

Sapendo tutto questo, la domanda che sorge spontanea è: come avranno fatto quei pezzetti di sigaro ad arrivare nel copri-lampada? Potrebbe essere stata la vespa vasaio a prendere le piccole larve del sigaraio per nutrire le sue larve e possa esserle capitato di portarsi dietro anche i pezzettini di foglie arrotolate?
Non lo sapremo mai!

Lato laterale destro della lampada
a. Lato destro della lampada, in alto un nido di vespe cartonaie (Polistes dominula) visto dal fondo, in basso si può scorgere un millepiedi morto e ormai scolorito; b. ingrandimento del nido di Vespe cartonaie; c. giovane regina di Polistes dominula intenta a costruire le prime cellette del nido.

Guardando il lato destro della lampada, vediamo come nell’intercapedine fra muro e lampada le vespe cartonaie abbiano costruito un nido appoggiandolo al copri-lampada. Per costruire i loro nidi queste vespe sociali utilizzano la carta che ricavano dalla polpa del legno, proprio come facciamo noi.  Usano le robuste mandibole per raschiare il legno degli alberi o di altri manufatti, poi lo impastano con la saliva e lo trasformano in cartone.

La Polistes dominula appartiene al gruppo di vespe cartonaie che vivono in colonie fondate da una regina capostipite. La regina feconda scampa ai rigori dell’inverno riparandosi in luoghi caldi e asciutti e all’inizio di aprile si desta e fonda la colonia. Individua un luogo riparato, poi raccoglie pezzetti di corteccia dagli alberi e comincia a costruire il primo nucleo del nido. Costruite le prime celle, la regina depone un uovo in ciascuna di esse; alla schiusa provvede al mantenimento delle larve fino alla loro metamorfosi in vespe adulte: diventeranno la casta operaia. La nuova manovalanza ingrandirà il nido, procaccerà cibo e difenderà la colonia; la regina continuerà invece nel suo lavoro di ovopositrice. In genere, col tempo, la colonia assume l’aspetto di un rosone di colore grigio-argenteo; nel nostro caso, dovendosi adattare agli spazi disponibili, si è sviluppato in verticale. La vita della colonia finisce con l’approssimarsi dell’autunno: le femmine fecondate supereranno l’inverno riparandosi dal freddo, mentre il resto della colonia perirà. Nel caso del nostro nido, notiamo come la parte apicale delle celle sia disposta verso uno spazio molto riparato dal cocente sole estivo. E’ probabile che questa disposizione abbia fatto risparmiare alla colonia l’energia che in genere è costretta a spendere per creare un flusso di aria refrigerata facendo vibrare velocemente le ali.

Lato sinistro della lampada
a. lato sinistro della lampada; b. ragnatela a imbuto (o tubolare); c. ragnatela a groviglio (o irregolare).

L’intercapedine fra muro e lato sinistro della lampada è dominata dai ragni. La parte alta è occupata da una ragnatela a imbuto (o tubolare) tipica dei ragni appartenenti alle famiglie Segestriidae, che le utilizzano come protezione e segnalazione e Amaruobiidae, che le utilizzano come protezione e cattura. In entrambi i casi la ragnatela ha funzione di protezione e rifugio: il ragno utilizza l’”imbuto” per nascondersi e per consumare la preda. Nel caso dei segestriidi il ragno si apposta all’interno e viene richiamato fuori quando un insetto fa vibrare uno dei fili che sostengono la ragnatela, avvertendolo della sua presenza. Il ragno cattura e immobilizza l’insetto e lo porta all’interno per mangiarlo. Nel caso degli amaruobiidi la tela è costruita in modo da trattenere l’insetto con una sorta di “effetto velcro”. Anche in questo caso il malcapitato verrà portato nell’”imbuto” e divorato.

La ragnatela a groviglio (o irregolare) serve quasi esclusivamente per catturare le prede. I ragni appartenenti alla famiglia dei Theridiidae la costruiscono con fili viscosi in cui le vittime restano invischiate, mentre i Dictynidae la costruiscono con l’”effetto velcro” e se ne servono sia per catturare le prede che per proteggersi.

A testimonianza dei lauti pasti fatti dagli autori delle ragnatele, abbiamo trovato decine di “avanzi” appartenuti a falene, mosche, libellule ed elitre di insetti dai diversi colori.
Pensiamo anche che molte di queste prede e forse le ooteche che ospitavano i piccoli ragni, siano servite alle operaie delle vespe cartonaie a nutrire la famelica colonia.

Tutti gli angoli del Pianeta, anche i più reconditi, ospitano “cose viventi” che si organizzano in piccoli o grandi ecosistemi. E se diciamo grandi o piccoli, facciamo riferimento solo alle dimensioni che occupano, ma non alla loro complessità.

Ringraziamenti
Un particolare ringraziamento a Maria Beatrice Lupi per avermi suggerito l’azzeccatissimo titolo dell’articolo.

Crediti
Autore: Anna Lacci è divulgatrice scientifica ed esperta di educazione all’ambiente e alla sostenibilità e di didattica del territorio. E’ autrice di documentari e volumi naturalistici, di quaderni e sussidi di didattica interdisciplinare, di materiali divulgativi multimediali.