Prendiamoci cura della Terra

Il mare, e noi

E subito riprende/il viaggio/come/dopo il naufragio/un superstite/lupo di mare. (Giuseppe Ungaretti)

…. Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare. Ma il mare dei ventun anni di Giacomo Leopardi non era d’acqua, era la rappresentazione di quell’infinito che era il silenzio, l’eterno, con cui il poeta misurava le ragioni e le assurdità della vita.

E se il mare di Ulisse può sembrare più vero perché fatto di acque e di tempeste, lo sono meno i suoi abitanti: Sirene, Ciclopi e Maghe. Ma Ulisse era inviso a Era e Afrodite, perché era stato l’artefice della sconfitta di Troia e poi ancora a Poseidone, padre dei Ciclopi, che lui aveva burlato. Ed ecco che, prima di raggiungere la spiaggia della sua Itaca, il mare per Ulisse diventa prigione ed espiazione, luogo di mostri e di magie, di pericoli ed avventure, misura di coraggio e di saggezza.

Era un mostro gigante; e non somigliava a un uomo mangiatore di pane, ma a picco selvoso d’eccelsi monti, che appare isolato dagli altri. (Libro IX dell’Odissea).

Intanto anche Enea, lo sconfitto, vaga in cerca di una nuova patria. E solo dopo aver superato delle dure prove, raggiungerà il nuovo e meritato lido.

La spiaggia, come limite fra la terra e il mare, è l’approdo a cui tendono quelli che hanno vissuto l’avventura del mare e il punto di partenza per viverla; il luogo del timore e della speranza di chi attende un arrivo dal mare; il luogo in cui si corruga la fronte e si tende una mano sugli occhi per scrutare l’orizzonte anche se non si aspetta nessuno, perché quella grande massa di acqua salata non smetterà mai di attirarci e intimorirci, di sedurci e spaventarci.

Le coste ripide e selvagge sono interrotte da qualche baia, qualche insenatura ospitale, dove una spiaggia è pronta ad accogliere navigli danneggiati dalle tempeste o naufraghi. La stessa spiaggia vista dalla terra è l’inizio dell’ignoto verso cui siamo spinti dalla nostra insaziabile curiosità. Ecco che quindi gli arenili diventano il crocevia di forti sentimenti, figli di storie vere e immaginate.

«Addio!» esclamò, e salì leggera come una bolla d’aria attraverso l’acqua.Il sole era appena tramontato quando affacciò la testa dall’acqua, tutte le nuvole però ancora brillavano come rose e oro; nel cielo color lilla splendeva chiara e bellissima la stella della sera; l’aria era mite e fresca e il mare calmo. (Hans Christian Andersen)

Anche nelle favole le spiagge sono teatro di eventi straordinari. Pinocchio, dopo aver ritrovato Mastro Geppetto nel ventre della balena, sbarca su una spiaggia per avviarsi verso un felice finale. Non è così per la giovane Sirenetta, che dopo aver sacrificato la coda e la lingua per amore del Principe, inizia e finisce su una spiaggia la sua avventura terrestre. Sulla terraferma imparerà a piangere e a sacrificarsi, fino a diventare schiuma di mare.

Ma un arenile non è solo un punto di partenza o di arrivo di persone, emozioni e sentimenti; è anche un ricettacolo di oggetti portati dal mare, muti testimoni di fatti e storie. Camminando sulla battigia non possiamo fare a meno, mentre raccogliamo conchiglie, di chiederci da dove vengano tutti quei pezzi di legno e quelle mille cose che ingombrano le spiagge d’inverno.

La vita si ascolta così come le onde del mare… Le onde montano… crescono… cambiano le cose…
Poi, tutto torna come prima… ma non è più la stessa cosa… 
(Alessandro Baricco) 

Provare a ricostruire il cammino di alcuni oggetti, su cui si legge il luogo di provenienza, può significare indagare sulle rotte dei mercantili e sulle correnti marine. L’esame degli “oggetti naturali” deposti da una mareggiata può dirci molto dello stato del fondale prospiciente l’arenile su cui ci troviamo: una moltitudine di conchiglie tutte uguali, appartenenti a specie che ben sopportano la presenza di inquinanti è indubbiamente sconfortante, mentre una grande varietà di conchiglie, ciuffi di alghe e posidonia o di zostera ci suggerisce che in quelle acque ci si può bagnare con tranquillità.

Ed ecco che una spiaggia diventa un mezzo per conoscere storie naturali e stato ecologico degli ambienti di costa, attraverso organismi vivi o spoglie spiaggiate.

Interessarsi alla natura con occhio scientifico non significa ignorare l’impatto emotivo che questi ambienti ci regalano ogni volta che li frequentiamo. Capire come funziona il meccanismo delle onde o il movimento delle dune, non ci renderà indifferenti al fascino magnetico che le ondate mugghianti esercitano su di noi mentre si srotolano ai nostri piedi in un tumulto di schiuma e spruzzi, ne’ ci vieterà di sentirci un po’ naufraghi mentre vaghiamo senza meta fra le dune con i capelli arruffati dal vento salmastro e gli occhi persi sulla linea che separa l’acqua dal cielo.

M’hanno portato una conchiglia./Dentro le canta/un mare di nappa./Il mio cuore/si riempie di acqua/con pesciolini/d’ombra e d’argento./M’hanno portato una conchiglia.  (Federico Garcia Lorca)

Crediti
Autore: Anna Lacci è divulgatrice scientifica ed esperta di educazione all’ambiente e alla sostenibilità e di didattica del territorio. E’ autrice di documentari e volumi naturalistici, di quaderni e sussidi di didattica interdisciplinare, di materiali divulgativi multimediali.