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“Il miele: dono prezioso delle api”. Caratteristiche, proprietà e problemi

Il miele è la più antica sostanza usata dall’uomo come dolcificante; le prime tracce di apicoltura risalgono al neolitico, come testimoniano alcune decorazioni rupestri risalenti a circa 8000 anni fa rinvenute nelle Cuevas de la Araña, un gruppo di grotte che si trovano a Bicorp, vicino Valencia, che raffigurano una persona, forse una donna, che raccoglie miele da un alveare.

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Pittura rupestre Cueva-de-la-Arana

L’uomo ha rapidamente capito che il miele poteva essere impiegato non solo come alimento ma anche come medicinale, capace di guarire le ferite, e come sostanza sacra, che gli antichi Egizi utilizzavano nei rituali funebri.

Il miele viene prodotto dall’Ape (Apis mellifera), che bottina il nettare sui fiori delle angiosperme (miele di nettare), oppure raccoglie la melata, costituita da escrezioni di insetti che si nutrono della linfa delle piante.

 

Ape su fiore                Disegno di Chiara Sanmartin

Durante il tragitto verso l’alveare, l’ape elabora e trasforma in miele il liquido zuccherino raccolto grazie agli enzimi presenti nell’ingluvie, la sacca gastrica in cui conserva il nettare o la melata. Il miele appena prodotto verrà  poi lasciato maturare nelle cellette di cera dell’alveare.                                                                                                                                                                                                                                                 

            Ape su favo              Disegno di Chiara Sanmartin

In funzione dell’origine, possiamo distinguere il miele tra miele di melata e miele di nettare, quest’ultimo viene ulteriormente classificato in miele poliflora, più comunemente detto millefiori, e miele monoflora, a seconda della tipologia di fiori che sono stati bottinati dalle api. Ulteriori classificazioni possono essere definite prendendo in considerazione il metodo di produzione, distinguendo ad esempio tra miele in favo, miele centrifugato, miele torchiato, etc.

La composizione del miele viene quindi fortemente influenzata da un grandissimo numero di parametri, che vanno dall’origine botanica delle specie bottinate dalle api, alle condizioni ambientali (condizioni del terreno e del clima, presenza di inquinanti, etc) e dalle tecniche apistiche adottate, fino ovviamente alle api stesse (razza e stato fisiologico della colonia).

Ma da un punto di vista nutrizionale, cos’è il miele? E’ una soluzione soprassatura di zuccheri (~78%), prevalentemente glucosio e fruttosio, in acqua (~17%), stabile dal punto di vista microbiologico, poiché ad elevate concentrazioni zuccherine i microrganismi non possono proliferare, ma meno stabile dal punto di vista fisico. L’elevata concentrazione di zuccheri, con il tempo, causa la cristallizzazione del miele modificandone la consistenza.

Questo processo, assolutamente naturale che non pregiudica la salubrità del prodotto, si osserva maggiormente nei mieli in cui la percentuale di glucosio è più elevata, mentre mieli con elevate percentuali di fruttosio, come il miele di Robinia, tendono a non cristallizzare.

La cristallizzazione può inoltre essere un elemento che ci consente di riconoscere un miele non termotrattato, ancora capace di cristallizzare, da uno che invece non lo è più, essendo stato sottoposto a fusione o pastorizzazione, con conseguente irreparabile danneggiamento del prodotto a causa della distruzione della carica enzimatica e delle componenti bioattive.

Le componenti principali del miele infatti sono senz’altro rappresentate da zuccheri e acqua, ma vi sono anche altre componenti minori che ne influenzano fortemente le proprietà nutrizionali e organolettiche. Tra queste proteine, vitamine, minerali e composti volatili, ma anche importanti sostanze antiossidanti.

Il miele può essere considerato un alimento nutraceutico, cioè con proprietà terapeutiche preventive, in questo senso esistono sufficienti evidenze che ne raccomandano l’impiego per la gestione di diverse patologie, grazie alle sue proprietà antibatteriche, antinfiammatorie e antiossidanti.

Il miele di Manuka (Leptospermum scoparium), una pianta neozelandese e australiana molto coltivata negli ultimi anni perché consente una buona produzione di miele, ha attirato l’attenzione dei ricercatori poiché sembra avere notevoli capacità antimicrobiche e antiossidanti, legate prevalentemente alla composizione polifenolica (cioè alla presenza di sostanze organiche con proprietà antiossidanti) e ad altre sostanze bioattive quali il gliossale e il metilgliossale prodotti dalla pianta.

Un problema estremamente grave che affligge la produzione di miele è rappresentato dalle contaminazioni, ovvero dalla presenza di sostanze indesiderate come inquinanti, residui di antibiotici (il cui uso è vietato per il settore apistico italiano) e di fitofarmaci. Un recente studio ha messo in evidenza come il 75% del miele prodotto in tutto il mondo contenga tracce di pesticidi, di questi campioni la maggior parte contiene almeno due o più neonicotoidi, insetticidi sistemici che si accumulano nell’ecosistema, e che, come è già stato più volte ampiamente dimostrato sono responsabili delle sempre più frequenti morie di insetti impollinatori.

Negli ultimi anni, complice il cambiamento climatico, ma anche le morie di api legate all’utilizzo di fitofarmaci sempre più aggressivi e alla diffusione di malattie, si è assistito al crollo della produzione, con conseguente aumento dei prezzi e quindi del rischio di frodi. Spesso sul mercato si trovano prodotti contraffatti, come mieli monoflora non corrispondenti in tutto o in parte al dichiarato o, peggio ancora, con indicazione di origine geografica “ingannevole”. In Europa infatti abbiamo circa 650mila apicoltori europei, che con 17.5 milioni di alveari, producono circa 250mila t/anno di miele, insufficiente per coprire la domanda interna dell’UE, dipendente quindi dalle importazioni di miele, che proviene soprattutto dalla Cina, primo produttore di miele al mondo con 474mila t/anno (dati ISMEA, 2018).

A questo proposito è naturale sollevare qualche perplessità, soprattutto considerando che in alcune regioni della Cina, come ad esempio il Sichuan, importante produttore di frutta, è ormai necessario ricorrere all’impollinazione artificiale per sopperire alla mancanza delle api, annichilite da inquinamento e pesticidi. Da dove arriva allora tutto questo miele?

Spesso il miele che arriva sulla nostra tavola, soprattutto se venduto a basso costo, è un prodotto che ha subito adulterazioni o sofisticazioni, entrambe frodi alimentari piuttosto diffuse, che vanno dal miele con falsa origine botanica o geografica, al miele ottenuto in maniera truffaldina, tagliato con sciroppo di zucchero o allungato con l’acqua, per non parlare del miele contaminato da antibiotici o residui di campo.

In rete si possono trovare numerosi sistemi per l’identificazione del miele contraffatto, che in genere sono privi di fondamento, poiché l’unico sistema accreditato è ricorrere a specifiche analisi di laboratorio.

L’unica arma a disposizione del consumatore è quindi controllare l’etichetta del prodotto e favorire i produttori locali, evitando i prodotti dal prezzo troppo basso, poiché, come scriveva Collodi, “quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera, per il solito o sono matti o imbroglioni!”.

Riferimenti bibliografici

Gulzar Ahmad Nayik, Tajamul Rouf Shah, Khalid Muzaffar, Sajad Ahmad Wani, Amir Gull, Ishrat Majid and Farhan Mohiudidin Bhat.  HONEY: ITS HISTORY AND RELIGIOUS SIGNIFICANCE: A REVIEW. Universal Journal of Pharmacy 2014, 03 (01): 5-8

A.R. Aparna & D. Rajalakshmi (1999) Honey—its characteristics, sensory aspects, and applications, Food Reviews International, 15:4, 455-471, DOI:10.1080/87559129909541199

  1. R. Khan, Z. Ul. Abadin, N. Rauf. Honey: nutritional and medicinal value. International Journal Clinical Practices, 2007, 61, 10, 1705–1707

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José M. Alvarez-Suarez, Massimiliano Gasparrini, Tamara Y. Forbes-Hernández, Luca Mazzoni and Francesca Giampieri. The Composition and Biological Activity of Honey: A Focus on Manuka Honey. Foods 2014, 3, 420-432; doi:10.3390/foods3030420

Crediti

Autore: Chiara Sanmartin Ricercatrice in Tecnologie Alimentari presso l’Università degli Studi di Pisa. Titolare del corso di “Composizione e Analisi dei prodotti alimentari” nell’ambito del Corso di Laurea Magistrale in “Biosicurezza e qualità degli alimenti” – Interdipartimentale Scienze Agrarie e Scienze Veterinarie di Pisa.