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Flora mediterranea: gli adattamenti

La flora, e ovviamente la fauna, che ha colonizzato il territorio circummediterraneo, ha dovuto affrontare una situazione molto particolare: piovosità concentrata solo in pochi mesi, con conseguenti lunghi periodi siccitosi e lungo fotoperiodo annuale. Queste caratteristiche fanno considerare il clima mediterraneo come subtropicale. Infatti la vegetazione tipica mediterranea è una Foresta Subtropicale a Sclerofille.
Il cambiamento climatico sta causando una radicalizzazione di questi fenomeni. La piovosità sempre più concentrata in periodi brevissimi è causa di dissesto idrogeologico e i sempre più lunghi periodi siccitosi mettono a dura prova l’economia dell’agricoltura.
Guardando da vicino gli adattamenti che caratterizzano la flora delle coste e dell’immediato entroterra del Mediterraneo, ci accorgiamo che proprio queste caratteristiche potrebbero aiutarci a resistere meglio ai problemi che pone il cambiamento climatico.
Noteremo innanzitutto come tante specie appartenenti a famiglie diverse abbiano adottato gli stessi stratagemmi, questo evidenzia una convergenza adattativa che spiega la “somiglianza” tra le foglie di piante filogeneticamente molto lontane.

Iniziamo la nostra breve “analisi” concentrandoci innanzitutto su due parole che identificano le specie mediterranee: sempreverdi e sclerofille.
L’essere sempreverde, cioè non avere periodi in cui la pianta sia priva di foglie, sia nel caso degli alberi che degli arbusti, è una caratteristica che si è potuta sviluppare grazie al fatto che sulle coste del bacino del Mediterraneo non gela quasi mai.

Il Corbezzolo (Arbutus unedo) è una latifoglia sempreverde xerofila (che cresce in ambienti semiaridi) che presenta un peculiare adattamento è una pianta: ospita contemporaneamente fiori e frutti maturi.

Sclerofillia è una parola che deriva dal greco scleròs = duro e phyllon = foglia. E’ un importantissimo adattamento che la maggior parte delle piante mediterranee ha dovuto adottare per vivere e riprodursi in questo clima.
La durezza delle foglie è dovuta all’ispessimento della cuticola fogliare che limita la traspirazione e quindi la perdita dell’acqua. E’ un adattamento che si è reso indispensabile soprattutto per le specie più esposte al sole, al vento e al salmastro.

L’Alloro (Laurus nobilis) è anch’esso una sclerofilla, le sue foglie sono dure perché poco porose: si proteggono così dall’eccessiva perdita di acqua. (Disegno di Rossella Faleni)

La riduzione delle dimensioni della lamina fogliare è una strategia adottata sia da piante che devono limitare le perdite di acqua come i ginepri, i giunchi o le ginestre odorose, che da piante come le conifere che, colonizzando i piani montani, devono evitare il congelamento. Così la foglia aghiforme comune a tutti i pini è utile loro sia sui litorali (Pino marittimo, domestico, d’Aleppo) che nelle aree montane (Pino nero, Pino mugo).

Il Rosmarino, (Rosmarinus officinalis) e il Ginepro comune (Juniperus communis) per difendersi dall’eccessiva insolazione hanno ridotto la lamina fogliare.

La maggior parte delle specie più esposte all’insolazione diretta, che compongono la cosiddetta “macchia bassa”, che non possono contare su nessuna forma di ombra, per ridurre la perdita d’acqua e come deterrente contro il pascolamento, liberano olii essenziali aromatici.

Il Mirto (Myrtus communis) e il Cisto marino o di Montpellier (Cistus monspeliensis) sono entrambe specie che hanno sviluppato la caratteristica aromaticità utilizzata per difendersi dai raggi cocenti del sole e dal pascolamento. (Disegni di Rossella Faleni)

Vi sono poi piante come il Leccio e l’Olivo che alla sclerofillia hanno aggiunto altre strategie adattative. Osservando la loro foglia notiamo che la pagina superiore è lucente e quella inferiore tomentosa, presenta cioè una peluria molto fitta e corta.

Olivo (Olea europaea). (Disegno di Rossella Faleni)

In molti casi, come per la Santolina delle spiagge, il tomento è presente su tutta la pianta, proprio come nella Stella alpina: entrambe queste piante riparano le loro riserve idriche dagli agenti atmosferici. Nella Santolina per preservarle, nella Stella alpina perché non gelino. Sollecitazioni climatiche opposte hanno determinato un identico adattamento.

Santolina delle spiagge (Achillea maritima) (Disegno di Rossella Faleni)

Dove la carenza di acqua è particolarmente forte, come sulle spiagge o sulle rocce, luoghi assimilabili ai deserti, le piante adottano due tipi di strategie, le stesse adottate dalle piante del deserto: trasformano le loro foglie in spine e pongono in serbo grandi quantitativi di acqua nel fusto o nelle foglie, rendendoli succulenti. Trasformano cioè le loro cellule in autentici depositi d’acqua, che difendono poi dalla traspirazione per mezzo di una drastica diminuzione degli stomi (equivalenti vegetali dei pori della nostra pelle).

Il Ravastrello (Cakile maritima) è una pianta pioniera dei litorali sabbiosi che ha adottato la strategia della succulenza per poter fiorire ai piedi delle dune. (Disegno di Rossella Faleni)

Vi è poi una caratteristica molto comune nelle specie vegetali mediterranee; si tratta dell’eterofillia, la capacità cioè di sviluppare foglie di forma e dimensione differenti anche sullo stesso ramo. Esempi della presenza di foglie di forma diversa nella stessa pianta, a seconda dell’altezza dal suolo alla quale si trovano, sono l’Edera e il Leccio. Nel primo caso vi è diversità di forma, nel secondo di dimensione. Se si osserva la forma delle foglie di Edera poste sui rami che corrono sul terreno, se ne noterà la classica forma stellata, che si perde a favore di una più arrotondata, mano a mano che la pianta, arrampicandosi, raggiunge le “postazioni” più alte ed illuminate.

Le diverse forme delle foglie di Edera (Hedera helix) e di Leccio (Quercus ilex)

Nel caso del Leccio, le foglie più basse e meno esposte alla luce diretta (la macchia a Leccio è molto fitta), hanno una lamina anche quattro volte più grande di quella delle foglie dei rami più alti. Le foglie poste più vicino al terreno, inoltre, hanno anche una caratteristica “spinosità” del bordo, dovuta ad una evidenziazione della dentatura del margine che si perde del tutto sulle foglie più alte, che non temono il pascolamento!

Ammofila (Ammophila arenaria) e (Echinophora spinosa).

Nelle zone particolarmente siccitose anche gli apparati radicali presentano una serie di adattamenti che aumentano la capacità di assorbire l’acqua; così l’apparato radicale dell’Ammofila, pianta pioniera dei litorali sabbiosi, forma una rete molto estesa, che permette a questa specie di raccogliere la pioggia che filtra rapidamente attraverso la sabbia.
Molte altre piante, come quelle appartenenti ai generi Daucum ed Echinophora, utilizzano invece le radici come riserva di nutrienti.

Piante come l’Euforbia arborea, in grado di formare popolamenti puri o misti nell’orizzonte più caldo della macchia, sulle rocce costiere esposte ai venti marini e ad una intensissima insolazione, hanno trovato conveniente invertire il periodo di riposo con quello vegetativo.

Euforbia arborea (Euphorbia dendroides)

Dopo la fioritura primaverile, l’Euforbia perde le foglie ed entra in quiescenza; solo in autunno, mentre gli alberi dell’entroterra, che devono preoccuparsi del gelo, perdono le foglie essa, approfittando delle piogge autunnali, si riveste di verde!

Crediti

Autore: Anna Lacci è divulgatrice scientifica ed esperta di educazione all’ambiente e alla sostenibilità e di didattica del territorio. E’ autrice di documentari e volumi naturalistici, di quaderni e sussidi di didattica interdisciplinare, di materiali divulgativi multimediali.