Prendiamoci cura della Terra

I fiori di luglio

Oleandro (Nerium oleander). Foto di Anna Lacci.

L’estate è arrivata da pochi giorni, il sole a perpendicolo rende le giornate lunghe e caldissime. La maggior parte delle piante hanno concluso le loro fioriture e moltissime annuali, graminacee in testa, hanno affidato i loro semi al vento e agli animali lasciando che la pianta dissecasse.
Sono ancora tante, però, le specie mediterranee che hanno scelto questo mese per fiorire. Sono quasi tutte specie che hanno sviluppato una serie di adattamenti al clima particolarmente soleggiato e asciutto.

Reseda bianca (Reseda alba). Foto di Thanasis Papazacharias da Pixabay.

I bordi delle strade e gli incolti, soprattutto d’estate, sono fra i luoghi più difficili da abitare, eppure la Reseda bianca (Reseda alba) li colonizza facilmente e riesce a coprire di fiori bianchi l’apice dei suoi fusti allungati ben oltre la primavera, grazie alla sua profonda radice a fittone e alle gemme poste a livello del terreno, che la rendono perennante.
Un apparato radicale profondo e molto sviluppato, infatti, aiuta le piante non solo a fiorire dalla primavera all’estate, ma anche a vegetare nuovamente per molti anni. E’ il caso dell’Eliotropio (Heliotropium europaeum), chiamato anche Fior di vaniglia per il delicato profumo di vaniglia che emanano i suoi minuti fiori bianchi, che hanno anche la capacità di seguire il cammino del sole (eliotropismo). Questa piccola pianta ha anche un’altra caratteristica che la aiuta contro la disidratazione: le foglie presentano una fitta peluria chiara, una sorta di piccolo feltro isolante.
Voglio ricordare anche altre due specie di alta collina, di dimensione assai diversa, che pure continuano a fiorire dalla primavera nei prati aridi e nelle aree marginali grazie al supporto dei loro apparati radicali: la piccola Buglossa azzurra (Anchusa italica), dai piccoli fiori azzurri e la cespugliosa Ononide natrice (Ononis natrix) dai fiori gialli.

Vulneraria comune (Anthyllis vulneraria).  Foto da Wikipedia.

Sono molte le specie floristiche che, come l’Eliotropio, utilizzano la pelosità per difendersi dalla disidratazione e dalle alte temperature che i suoli aridi ed esposti possono raggiungere. E’ il caso del Trifoglio stellato (Trifolium stellatum), che lungo le fasce collinari e planiziali esibisce dei capolini dai fiori bianco rosei e tubulosi, che cadendo lasciano i calici a forma di stella. Nel centro e sud Italia, al di sotto della fascia montana, nelle macchie e nelle garighe, il Trifoglino irsuto (Lotus hirsutus) ha anch’esso fiori bianchi e si presenta come una pianta sempreverde, generalmente di piccole dimensioni, con fusti legnosi solo alla base; i fusti ramificati, tendenzialmente prostrati ed ascendenti, sono caratterizzati da una lunga e densa pelosità sericea che ricopre i fusti, le foglie e il calice dei fiori, dando alla pianta un colore argentato. Tali caratteristiche la rendono adatta ad essere coltivata nei giardini mediterranei o in quelli privi di irrigazione. Meno pelosetta la Vulneraria comune (Anthyllis vulneraria), frequentissima sui terreni calcarei delle praterie aride e degli ambienti rupestri in tutta Europa, fino a 3000 m di altitudine.

Santolina delle spiagge (Achillea maritima) Foto di Marinella Zepigi da Forum Acta Plantarum.

Se la pianta è particolarmente esposta a temperature estreme, calde o fredde che siano, la peluria diventa fittissima e, se la si osserva al microscopio, si scopre che è “intrecciata” come un feltro. Questa sorta di “mantellina”, chiamata in termini tecnici tomento, è presente sia in piante che vivono in aree di freddo estremo, come la Stella alpina (Leontopodium alpinum), che in piante che vivono in zone molto calde; è il caso sia del raro Marrubio bianco (Marrubium incanum), che vegeta e fiorisce in piena estate in terreni aridi e rocciosi, che della Santolina delle spiagge (Achillea maritima). Questa specie ha la pessima abitudine di vivere e fiorire, con dei bellissimi bottoni dorati, proprio nelle zone delle spiagge dove Homo sapiens pianta ombrelloni, finendo così nella lista rossa delle specie in pericolo di estinzione.

Calcatreppola ametistina (Eryngium amethystinum) Foto Walter Cirillo da Pixabay.

La spinificazione è un fenomeno che vede alcune parti delle piante trasformate in parti indurite e pungenti. In alcuni casi sono le foglie a trasformarsi in spine, facendo sì che la superficie traspirante sia praticamente nulla. In altri casi le spine non sono foglie modificate, ma rappresentano adattamenti della pianta a particolari condizioni di disturbo presenti negli habitat di cui fanno parte; infatti, servono alla difesa della pianta nei confronti di temperature estreme o di animali che potrebbero brucarla. E’ questo il caso della Calcatreppola ametistina (Eryngium amethystinum), specie perenne dai fiori a forma di stella, molto spinosa e dal colore azzurro-violetto, che si trova nei prati magri e nei pascoli aridi e poveri, nelle zone sassose e assolate.  La Calcatreppola marittima o Eringio (Eryngium maritimum), invece, è una specie pioniera delle dune e, grazie al suo esteso apparato radicale, riesce a bloccare il movimento della sabbia, stabilizzandola e facilitando così lo sviluppo della vegetazione colonizzatrice. Le due specie, oltre che vivere in habitat differenti, si distinguono per la lamina fogliare: strettissima nella prima e larga nella seconda. In questo caso, per evitare la disidratazione, le foglie della Calcatreppola marittima hanno una cuticola molto spessa.

Spinosissime anche le specie appartenenti al genere Carlina, che preferiscono luglio per fiorire. Il nome di questo genere, proposto nel XIV secolo dal botanico aretino Andrea Cesalpino, sembrerebbe derivare da Carlo Magno che, per una informazione ricevuta da un angelo durante una visione, utilizzò una di queste specie per curare, con scarsi risultati, i suoi soldati colpiti da una pestilenza. Le Carline hanno una grande adattabilità ai diversi ambienti: la Carlina raggio d’oro (Carlina corymbosa), caratterizzata da capolino e brattee giallo dorato, preferisce gli incolti e prati aridi, mentre la Carlina zolfina (Carlina acanthifolia), dai fiori giallo zolfo, la si trova più facilmente in luoghi pietrosi. La grande adattabilità di questo genere origina spesso degli endemismi, come nel caso della Carlina sardo-corsa (Carlina macrocephala) endemica in Corsica e Sardegna, dove è di casa sul Gennargentu.

Scarlina (Scarlina galactites) Foto di Pancrazio Campagna, da Flora del Salento.

Insieme alle Carline, nei terreni incolti e sui bordi delle strade fioriscono, su scapi tomentosi e spinosissimi, anche i capolini discoidali bianco-lilla o rosa-porpora della Scarlina (Scarlina galactites), il cui colore dipende sostanzialmente dalla composizione del terreno. La Scarlina, al contrario delle Carline (carino il gioco di parole!), non tende a specializzarsi nei differenti habitat: la troviamo identica in tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

La Gramigna delle spiagge (Agropyron junceum) tende ad insediarsi alla base delle dune e, insieme all’Ammofila (Ammophila littoralis) che domina le dune nella parte alta, con le loro sottili e resistenti radici formano una fitta rete che riesce ad imbrigliare la sabbia, facilitando la colonizzazione delle dune da parte delle altre specie pioniere. Come tutte le graminacee hanno fiori poco appariscenti; nell’Ammofila sono riuniti in dense pannocchie cilindriche, mentre nella Gramigna sono disposti su una lunga spiga formata da 7-9 spighette. Nelle aree umide retrodunali fiorisce il Giunco marittimo (Juncus maritimus) che predilige i terreni sabbiosi, umidi e salati tipici delle zone retrodunali mediterranee. L’infiorescenza, posta in cima ai fusti cilindrici, è verde con fiori verdi o gialli.

Altra caratteristica delle piante mediterranee, riscontrabile in molte delle specie che fioriscono in questo mese, è l’ispessimento della cuticola (sclerofillia) che consente una forte difesa dalla disidratazione, come nel caso dell’Atriplice portulacoide o Porcellana di mare (Atriplex portulacoides), pianta che vegeta in ambienti salmastri, litorali marittimi, lagune, barene, retroterra costieri. In Sardegna la pianta, particolarmente diffusa nella zona lagunare di Cabras (OR), prende il nome di “ziba” o “obione” e viene usata per avvolgere il muggine lesso. I fiori giallini sono piuttosto insignificanti e vengono impollinati dal vento.

Ombelico di venere(Umbilicus rupestris). Foto di Giuliano Salvai da Forum Acta Plantarum.

Anche l’Ombelico di venere (Umbilicus rupestris), pianta grassetta che cresce spesso su pareti in ombra o in fessure umide della roccia, difende l’acqua contenuta nelle foglie e nei fusti con una spessa cuticola. I fiori sono penduli, riuniti in infiorescenze portate da lunghi steli di colore rossastro e hanno la corolla tubulare-campanulata formata da petali lobati, ovali, giallo-verdastri o bianco-rosati.

I paesaggi mediterranei di luglio sono colorati da diversi arbusti e alberi in fiore. I corsi d’acqua, anche se in secca, sono segnati dal rosa dei fiori dell’Oleandro (Nerium oleander), resistentissima e vigorosa pianta che riesce a fiorire a lungo perfino lungo i bordi delle autostrade. Non è da meno il Ligustro (Ligustrum vulgare) che, a dispetto della siccità, conserva il folto fogliame verde scuro, su cui spiccano le profumate infiorescenze piramidali di colore avorio.
I grossi cespugli di Mirto (Myrtus communis) si coprono di minuti fiori bianchi… ma per conoscere bene questa specie tanto significativa per le civiltà mediterranee, rimando all’interessante articolo scritto da M. Beatrice Lupi.

Ligustro (Ligustrum vulgare). Foto di Anna Lacci.

Vorrei concludere questa lunga carrellata con un genere di origine australiana ormai da un secolo ospite della nostra flora: l’Eucalipto (Eucalyptus sp). Durante e dopo le bonifiche delle zone paludose italiane, avvenute durante il ventennio fascista, vennero piantati numerosissimi esemplari di Eucalipti, per diverse ragioni: come linee frangivento, per mantenere il più possibile “in asciutto” i canali di scolo delle acque e per evitare i ristagni d’acqua dove lazanzara anofele, vettore della malaria, si riproduceva. Gli alberi di Eucalipto, infatti, hanno un fabbisogno d’acqua piuttosto elevato se paragonato alla vegetazione autoctona che, come si è detto, essendo stata selezionata da ambienti siccitosi, non necessita di molta acqua. Ma se inizialmente le diverse specie di Eucalipto hanno assolto ad alcune esigenze contingenti, si sono poi rivelate invasive; attualmente l’eradicazione degli Eucalipti comporta una spesa decisamente elevata. L’unico vantaggio rappresentato da queste specie sono i fiori, che somigliano a dei piumini bianchi e che costituiscono una importante fonte nettarifera. In Sardegna la sopravvivenza delle api è fortemente legata ai fiori degli Eucalipti, visto che il miele di eucalipto rappresenta il 50% della produzione di miele isolano.

Crediti
Autore: Anna Lacci è divulgatrice scientifica ed esperta di educazione all’ambiente e alla sostenibilità e di didattica del territorio. E’ autrice di documentari e volumi naturalistici, di quaderni e sussidi di didattica interdisciplinare, di materiali divulgativi multimediali.