Prendiamoci cura della Terra

L’Isola di San Pietro e le scogliere dei Falchi

Migliaia di anni fa i Fenici la chiamavano “Inosin”, per i Greci era “Hierakon Nesos”, mentre in epoca romana era conosciuta come “Accipitrum Insula”; il significato nei secoli non è cambiato: “Isola dei Falchi”, a sottolinearne la principale caratteristica che affascinava i naviganti che sfioravano le coste sud occidentali della Sardegna, magari in viaggio tra le antiche e importantissime città di Tharros (nella penisola del Sinis) e Bithia (vicino all’odierna Chia).
Oggi quest’isola nell’isola di remota origine vulcanica, ribattezzata in tempi pù recenti “San Pietro”, continua irresistibilmente ad attrarre stormi numerosi di rapaci appartenenti ad una rara specie endemica del Mediterraneo, il Falco della Regina (Falco eleonorae), che qui giungono in gran numero in primavera dopo una lunghissima migrazione dal Madagascar e dall’Africa Orientale, dopo aver percorso anche oltre 10.000 km, di cui buona parte sopra il vasto e arido deserto del Sahara.

Il nome latino di questi maestosi uccelli omaggia l’opera di tutela ambientale della “giudichessa” Eleonora d’Arborea, reggente e legislatrice sarda che attorno al ‘400 fu promulgatrice della Carta de Logu, moderna ed elaborata raccolta di leggi che, fra le altre cose, proibiva espressamente di cacciare falchi e di prelevarne uova e pulcini dai nidi.
“ Stabiliamo ed ordiniamo: che nessun uomo debba prelevare astori né falconi dal nido. E se qualcuno li preleva, il Curatore della Curatoria cui appartiene è obbligato ad arrestarlo e portarlo da Noi, altrimenti lo stesso Curatore dovrà pagare cinque lire di multa.”    (Carta de Logu, Art.87).

Oggi l’areale della specie nell’isola ricade interamente all’interno di un’oasi di protezione faunistica creata dalla Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli) che si estende per 414 ettari, comprendendo i 7 km di perimetro costiero sulle cui alte e ripide scogliere questi rapaci nidificano. Qui ad aprile, dopo la migrazione, circa 120 coppie monogame si reincontrano per riprodursi, andando a rioccupare lo stesso nido degli anni precedenti.

L’areale riproduttivo del Falco della Regina comprende parte del bacino del Mediterraneo, con colonie localizzate anche consistenti, soprattutto europee, in Grecia, Cipro, turchia, Croazia, Serbia, Montenegro e Spagna , alcune colonie sulla costa nordafricana (Algeria e Tunisia), e pochi siti di nidificazione atlantici (Marocco e Isole Canarie). In Italia la specie può essere osservata come nidificante solo in Sicilia (Lampedusa e isole Eolie) e in Sardegna dove, oltreché  l’Isola di San Pietro, frequenta il vicino Isolotto del Toro e le falesie del Golfo di Orosei.

Sono uccelli gregari, che nidificano in colonie poste generalmente su isole disabitate o falesie inaccessibili a strapiombo sul mare. La deposizione avviene su stretti cornicioni o gradini di roccia.
Prevalentemente insettivori nel periodo pre-riproduttivo, cambiano radicalmente la loro dieta alimentare nel periodo di schiusa delle uova (agosto-settembre): approfittano del ritorno autunnale dall’Europa all’Africa dei piccoli uccelli migratori, che qui transitano e si concentrano in gran numero, per sfamare i loro pulcini, catturando le loro prede prevalentemente in volo con rapide picchiate. I giovani vengono accuditi amorevolmente e possono involarsi dopo 35-40 giorni, per poi intraprendere un nuovo viaggio verso l’Africa ad ottobre o novembre.
Un’altra curiosità è rappresentata dalla presenza di individui con due differenti colorazioni di piumaggio, una scura ed una chiara, più comune, il cui significato non è ancora compreso.

L’oasi presenta diversi e pregevoli tipi di habitat. Inerpicarsi sulle antiche e contorte rocce vulcaniche, su cui  facilmente si riconoscono i segni delle colate di lava,  lungo i sentieri adeguatamente predisposti, è un’esperienza che provoca la curiosa sensazione di attraversare un territorio selvaggio e surreale, la cui parvenza quasi lunare è rotta di tanto in tanto da una splendida vegetazione mediterranea, che comprende specie endemiche: da un lato la gariga di scogliera, variegata associazione botanica di diverse piante di piccole dimensioni (elicriso, limonio greco, giunchi, finocchio marino, finocchiella di Bocconi, ecc.), dall’altro la ricchezza arbustiva della macchia mediterranea (tra cui ginepro, lentisco, olivastro, fillirea e la caratteristica presenza del pino d’aleppo). Arrivati sulla sommità della scogliera, e subito sovrastati e circondati dai falchi che ci osservano, si rimane inevitabilmente rapiti dalle loro esibizioni aeree, dai bellissimi voli ad alta quota con improvvise picchiate e planate sul pelo dell’acqua, nel tentativo di intercettare e ghermire le loro piccole prede affaticate dal lungo viaggio. Osservando i loro atterraggi e partenze dalla parete rocciosa si può avere talvolta la possibilità di localizzare i nidi spogli, dove uno o più pulli aspettano impazienti il ritorno dei genitori con il loro pasto. L’osservazione deve naturalmente sempre garantirein primo luogo la giusta tranquillità e sicurezza a questi schivi animali e deve essere effettuata secondo crtiteri dettati dal comune buonsenso, ovvero a debita distanza, con binocoli e connoccchiali, e preferibilmente sotto la guida esperta dei responsabili dell’Oasi, in modo da avere certezza di non arrecare alcun disturbo, neppure involontario, ai maestosi volatili.

Altre tipiche specie frequentano naturalmente l’area, e talvolta si può avere l’opportunità di cogliere il volo di un falco pellegrino, del raro gabbiano corso o di qualche marangone dal ciuffo.
Il vasto e calmo mare azzurro e il gradevole profumo di salsedine completano la straordinaria bellezza di un paesaggio unico e spettacolare, di cui è difficile non serbare un bellissimo ricordo.