Prendiamoci cura della Terra

Pale eoliche !? Riflessioni di un ornitologo

Uno dei punti centrali della transizione ecologica è certamente quello del progressivo abbandono delle fonti energetiche non rinnovabili, favorendo invece lo sfruttamento delle rinnovabili.

Magli e macine mossi da acque correnti o dal vento così come la produzione di energia elettrica attraverso dinamo azionate da acque convogliate in condotte forzate, sono virtuosi esempi di tecnologia verde. Tuttavia queste che erano sufficienti a soddisfare le richieste energetiche di un lontano passato, lo sono ormai solo marginalmente nell’attuale contesto di una civiltà fortunatamente sempre più conscia ed informata dei limiti che le saranno imposti in campo energetico e degli scenari conseguenti.

Fatto tesoro delle virtuose tecnologie di un tempo, almeno in limitati contesti ambientali e considerato quanto siano divenuti problematici ed economicamente proibitivi gli impieghi e gli approvvigionamenti delle fonti energetiche fossili, non resta che una apertura senza no e senza ma verso quelle rinnovabili.

Queste, in un contesto di oculatezza del loro uso, possono aiutarci a mantenere stili di vita ormai acquisiti, ma sempre più onerosi per la salute del nostro pianeta. È ormai improcrastinabile un ripensamento generale in tema energetico, nella consapevolezza che un cambiamento di approccio è necessario da subito.

Campo eolico. Foto di Myléne da Pixabay

L’attuale trend verso le rinnovabili passa attraverso l’eolico ed il fotovoltaico in modo deciso, sebbene anch’esse non scevre da problematiche ambientali che ne hanno limitato uno sviluppo più veloce ed efficace. Se il fotovoltaico su scala domestica vanta oggi una larga applicazione, economicamente assai vantaggiosa, l’eolico ha sempre posto problematiche ambientali di stampo paesaggistico ma anche di impatto diretto sulla fauna.

Le problematiche paesaggistiche sono innegabili; lo sono state particolarmente in una fase di realizzazione di impianti di natura “selvaggia” che ha interessato alcune nostre regioni. Processioni di pale a corona di rilievi dove lo spirare del vento era incessante, che violavano però incontaminati paesaggi pastorali. Ma certamente, come ricorda un vecchio adagio, “non si accende una lampada per metterla sotto al moggio” e se forza eolica si doveva generare, quelli erano i luoghi dove operare con efficienza.

Foto di Foto-RaBe da Pixabay

Metter giù una pala eolica non è mai stata una procedura amministrativamente semplice, tutt’altro. L’iter burocratico è asfissiante, ma lo è stato anche l’atteggiamento politico e spesso l’impreparazione delle amministrazioni. Quanti sono i governi regionali che dall’alto della loro piena ed esclusiva responsabilità hanno per tempo preparato piani preventivi che facilitassero lo sviluppo dell’eolico, e quanti invece gli hanno a priori precluso le porte? Ed allora eolico sì, ma a casa degli altri!

Anche una pianificazione preventiva dei luoghi e degli iter burocratici necessari, ha avuto in certi casi uno scopo sia facilitativo che ostativo alla realizzazione di impianti eolici, con regioni virtuose consce della loro importanza ed altre che in tal modo erigevano mura invalicabili.

Una pianificazione efficace non è certo semplice a farsi, richiedendo l’incrocio di dati di svariata natura, sia meteorologici (aree con costanza di vento), che ambientali (flora e fauna), paesaggistici, di localizzazione delle aree protette o di interesse Comunitario… con la finalità di individuare cartograficamente aree adatte al posizionamento efficace delle pale, senza scontrarsi con le finalità di integrità e protezione dei luoghi e delle popolazioni floro-faunistiche che vi insistono.
Individuate le aree di possibile impianto, la strada alla progettazione dovrebbe essere in discesa, con la certezza di un iter burocratico che non richieda il raddoppio di analisi ambientali già note od indagini faunistiche impossibili da realizzare anche da Istituti di ricerca accreditati, come purtroppo spesso avvenuto.

Impianto eolico off-shore. Foto di Erich Westendarp da Pixabay

La possibilità di un impatto diretto sulla fauna ornitica è un fattore che di certo ha frenato lo sviluppo dell’eolico. Premesso che ci siano state delle forzature in tal senso, tale evento non è da escludere a priori. Ma quale la oggettiva portata del fenomeno, quali i possibili rimedi?

Negli estesi campi eolici presenti nel sud della Spagna, i ricercatori hanno effettivamente individuato pale “assassine”, così battezzate perché capaci di provocare impatti letali per gli uccelli. Una volta riconosciute come tali, sono state semplicemente disattivate. Egualmente in campi posizionati su linee di migrazione importanti (cosa che una pianificazione efficace deve evitare!), la messa in opera di radar ornitologici che disattivano le pale durante i picchi di migrazione, ha risolto brillantemente il problema.

A proposito del rapporto pale/uccelli, non posso tuttavia dimenticare uno spettacolo difficile da dimenticare: verso Capo Corso, dove le pale eoliche brulicano, un avvoltoio giocava (questa la mia impressione) con una pala. Sfruttando il vortice che generava, si faceva trascinare in alto, ricadeva e di nuovo risaliva lungo il bordo della pala stessa… si allontanava e ritornava per ricominciare, una cosa da incantare.

Foto di Lukas Bieri da Pixabay

Certamente io stesso ho bloccato la costruzione di un campo eolico ai margini di un Parco regionale, dove proprio nelle immediate vicinanze nidificavano da tempo due coppie di albanella minore ed una rara popolazione di airone rosso incrociava la linea dei generatori in progetto durante i voli di foraggiamento. Stessa sorte per un altro campo in progetto su dei bei cocuzzoli appenninici: peccato che quei rilievi fossero delle isole di ofioliti su cui insistevano endemismi e flore proprie di quei terreni, che si sarebbero del tutto perse durante le opere di cantierizzazione. Tutte pianificazioni regionali mancate che solo un team di specialisti ecologi ha evitato…o ha avuto il coraggio di evitare.

Campo eolico off-shore. Foto di Alexander Kuhn da Pixabay

Quello che si deve richiedere fermamente non è lo stop (emozionale in tanti casi) alla costruzione di un campo eolico, bensì la necessità di valutazioni ambientali corrette ed attendibili, soggette ad un vaglio qualificato in apposite ed aperte Conferenze di Servizi. Tutto ciò avendo in mente la posta in gioco. Con sorpresa verificai il gran numero di pale eoliche che esistono nel delta del Rodano ossia nella Camargue, uno dei luoghi ornitologicamente più famosi, porta di ingresso per milioni di migratori che, lasciato il Mediterraneo, si dirigono verso l’Europa centrale lungo la valle di quel fiume. Voglio citare infine l’esempio dei fari marittimi: alla loro base si raccolgono moltissimi uccelli che vi sbattono contro nelle notti di passo migratorio. Sono necessari, a nessuno è mai venuta voglia di spegnerli.

L’energia verde ci è necessaria, non spegniamola con i pregiudizi.

Crediti

Autore: N. Emilio Baldaccini. Già Professore Ordinario di Etologia e di Conservazione delle risorse Zoocenotiche dell’Università di Pisa. Autore di oltre 300 memorie scientifiche su riviste internazionali e nazionali. Svolge attività di divulgazione scientifica. E’ coautore di testi universitari di Etologia, Zoologia Generale e Sistematica, Anatomia Comparata.