Prendiamoci cura della Terra

Il nuovo nome

Lascio dietro di me le cose che non comprendo, quelle che non posso cambiare, lo sguardo ostile di chi non ti conosce, le bottiglie di plastica, la città piena di assenza, i cellulari che rubano il tempo. Lascio il mondo dei vincenti, di quelli che si sentono tali, il frastuono dei loro bolidi, la televisione dell’apparire, le cartacce per terra, l’auto davanti alla discesa dei disabili, il menefreghismo diffuso. Lascio l’idea che non ci si debba annoiare, e chi non mostra dubbi, chi non ha tempo per salutare, i ripetitori della telefonia mobile sui tetti. Lascio le urla di prevaricazione, e quelle che fanno spettacolo, le ricorrenze che mi rendono più sola, e l’idea di profitto. Lascio il convincimento che la vita sia prendere sempre un pochino di più, l’indifferenza verso il mondo animale, la paura di ciò che non si conosce, lascio i muri che soffocano, chi salta la fila, le cicche per strada, la condivisione di ogni cosa, l’idea di fare prima degli altri, la ricerca dell’affare, che è approfittare, l’afa delle notti estive di cemento, il cielo senza stelle.

E’ una donna sola e inquieta, in fuga dalla città, nella quale tutto è frenetico e in vendita, quella che torna nella vecchia baita dell’infanzia, sul Monte. Lacerata dal dolore, dalla solitudine, forse dalla colpa di un passato che non verrà mai disseppellito lungo lo svolgersi dei racconti, si ritira sul Monte, nei luoghi che l’hanno vista bambina, per vivere senza quel passato recente che vuole dimenticare, per darsi una nuova occasione.
Scritto in forma di diario, La donna degli alberi è scandito dai mesi che trascorrono, registra come dallo spaesamento iniziale, la donna impara ad entrare in sincronia con la natura.

La casa le parla dei suoi genitori, della sua infanzia trascorsa tra quei boschi. Gli insegnamenti del padre e della madre sui mestieri del bosco e i segreti della foresta riaffiorano come i ricordi che riemergono dopo una lunga amnesia. Lentamente, la donna torna ad annodare i fili della propria infanzia con il suo presente ed entra a far parte della stagionalità e della ciclicità della vita di un ambiente che la accoglie e la cura. Una Volpe le diventerà amica, visitandola costantemente. Un Gufo reale riposa sotto il suo tetto e bubola sul far della notte. Il Cane seguirà ogni suo passo.

Autore: Lorenzo Marone | Editore: Feltrinelli, 2020
Pagine: 224 p., Brossura | EAN: 9788807034145

Si accorgerà di non essere davvero sola: c’è l’uomo dal giaccone rosso, che arriva e che va. A valle lo chiamano lo Straniero: vuole risistemare il rifugio e piantare abeti sul versante nord della montagna. C’è la Guaritrice, muta dalla nascita, che comprende il linguaggio delle piante e fa nascere i bambini; la Rossa, che gestisce la locanda del paese; la Benefattrice, che la nutre di cibo e premure. Donne che sanno dare riparo alle anime rotte, e che come lei cercano di vivere pienamente nel loro angolo di mondo.

Sarà dopo aver piantato alberi che riuscirà a vedere, attraverso quel nuovo nome che le hanno dato, quelle radici che si sono sviluppate senza la sua piena consapevolezza e che le permetteranno di poter chiamare quel luogo “casa”.

Un libro dalla prosa e dal linguaggio esatti, che riesce a creare un’atmosfera delicata e a tratti drammatica e nel quale Lorenzo Marone mostra la difficile capacità di entrare in modo stupefacente nella psiche e nei pensieri di una donna. Un racconto in cui i personaggi non hanno un nome proprio, ma quello che rappresentano per la protagonista, nomi che sono l’essenza delle anime e dei sentimenti che esprimono.

Crediti
Autore: Anna Lacci è divulgatrice scientifica ed esperta di educazione all’ambiente e alla sostenibilità e di didattica del territorio. E’ autrice di documentari e volumi naturalistici, di quaderni e sussidi di didattica interdisciplinare, di materiali divulgativi multimediali.