Prendiamoci cura della Terra

Migrazioni: storie di piante e uomini

. . . e un giorno Colombo armò tre caravelle e partì per un lungo viaggio. . .

Quella partenza, nel luglio del 1492, è il caso di dirlo, mise in subbuglio questo e l’altro mondo. Animali e piante, vissuti per milioni di anni in totale isolamento geografico, si vennero a trovare a contatto diretto: in molti casi ne scaturirono disastri ecologici più o meno circoscritti, nessuno immediatamente riconosciuto per potervi porre un qualche sollecito rimedio. Animali del Nuovo Mondo scomparsi per l’introduzione di predatori dal Vecchio Continente, piante provenienti dal Nuovo in grado di sbaragliare elementi della foresta mediterranea originaria perché rese invasive dall’assenza di parassiti in grado di contenerle. Insomma questa “scoperta” costò anche delle vittime (e non solo fra piante e animali, ahimè), ma significò, per le popolazioni mediterranee, che da millenni continuavano a mangiare cavoli, granaglie, ceci e cicerchie, un salto di qualità dal punto di vista alimentare.

Inutile enumerare le piante provenienti dall’altra sponda dell’Atlantico e le loro proprietà organolettiche, perché la storia dei pomodori, del mais e delle patate divenuti emblemi di altrettanti regimi alimentari che caratterizzano l’alimentazione del basso mediterraneo, della padania e della Germania è storia troppo nota per essere ripetuta.

Teniamo invece a sottolineare come il cambiamento del regime alimentare abbia significato un forte cambiamento del paesaggio agricolo. Aree poco sfruttate dall’agricoltura come quelle costiere, sabbiose, fortememte siccitose, con contenuti salini ancora elevati, hanno cominciato a produrre pomodori, meloni, angurie, piante che apportavano sali e vitamine a diete con potere nutrizionale ancora carente.

Ma se per le nuove coltivazioni potevano essere usati grosso modo gli stessi utensili di sempre, per il consumo e la loro conservazione si sono dovute inventare nuove tecniche e nuovi strumenti.

Le “rivoluzioni alimentari” non sono però arrivate solo dal Nuovo Mondo. Nel Medio Evo in Italia venne introdotto il riso e la sua coltura. Il riso è pianta di coltivazione antichissima, le cui origini risalgono al 3000 a.C. in Cina o più probabilmente nella penisola indocinese. Il nome Oryza è di origine indoeuropea. Fin dall’antichità il riso è alla base dell’alimentazione dei popoli dell’estremo oriente e dell’India. Iniziata intorno a Pavia e mantenuta come monopolio dalla famiglia granducale di Milano, la coltivazione di questo cereale si diffuse successivamente ad altre regioni. Oggi il riso viene coltivato principalmente nella zona compresa tra Pavia e Vercelli e nell’Oristanese.

Le risaie hanno carattere permanente, restando inondate per gran parte dell’anno, oppure nella stessa area viene praticata una coltura a raccolto precoce (ad es. frumento, la cui mietitura si svolge nella seconda metà di giugno), cui segue la sommersione e l’impianto delle piantine di riso, che danno il raccolto entro ottobre.

Dal punto di vista naturalistico le risaie permanenti costituiscono delle nicchie ecologiche di grande interesse, che riproducono aspetti caratteristici delle regioni tropicali e subtropicali.

Non possiamo chiudere il nostro breve excursus fra le piante che ormai fanno parte della nostra cultura alimentare senza ricordare il genere Citrus, che annovera fra le sue specie limoni e aranci.

Lunga e articolata è la storia di ciascuna di queste essenze, noi ricorderemo solo che il cedro, proveniente dal sud dell’Himalaya insieme al limone, era conosciuto a greci e latini nel 1° secolo d.C. e la sua introduzione in Italia, risale al IV secolo. Solo più tardi gli Arabi estesero la coltivazione del limone all’Egitto ed alla Palestina, da cui fu poi reintrodotto in Italia e Sicilia dai crociati dopo l’anno mille.

Pergola di limoni

L’arancio, per lungo tempo fu conosciuto solo nella varietà amara. Solo nel XV secolo gli Arabi diffusero l’Arancio dolce in Africa settentrionale e in Spagna.

I mandarini, invece, anche se conosciuti in Asia da millenni, furono introdotti in Europa solo verso il 1840. Come le arance, furono per molto tempo frutti riservati come dessert alle classi più agiate.

Dalla metà dell’800, comunque, la coltivazione degli agrumi si è decisamente inserita non solo nel paesaggio agrario delle coste mediterranee, ma anche in quello di parchi e giardini. Gli agrumi non hanno solo ottime qualità organolettiche e nutrizionali, ma sono anche splendide piante che trovano spazio in tutte le ville con vista sul nostro splendido Mediterraneo.

Crediti

Autore: Anna Lacci è divulgatrice scientifica ed esperta di educazione all’ambiente e alla sostenibilità e di didattica del territorio. E’ autrice di documentari e volumi naturalistici, di quaderni e sussidi di didattica interdisciplinare, di materiali divulgativi multimediali.