Prendiamoci cura della Terra

Hitchcock aveva ragione?

Era il 31 ottobre del 1963 quando nelle sale di tutto il mondo usciva Gli Uccelli di Alfred Hitchcock. Abilissimo adattamento cinematografico dell’omonimo racconto di Daphne Du Maurier (1952), l’idea base del film era mettere in scena una visionaria riflessione sull’angoscia che può nascere dal quotidiano, utilizzando immagini in cui gli uccelli sono protagonisti di eventi inquietanti. E’ Hitchcock stesso che, nell’ironico filmato “Il signor Hitchcock vorrebbe dirvi qualche parola” (https://www.youtube.com/watch?v=VtMFecoQUHM) descrive come atti di affezione le innumerevoli azioni di sopruso che la nostra specie ha perpetrato e continua a perpetrare a danno degli uccelli. Di qui la loro reazione violenta, ma immaginaria, descritta nel film.

Tornando alla realtà, comunque ci chiediamo: perché sempre più frequente le nostre città vengono invase, a tratti o a periodi, da stormi di uccelli che finiscono, loro malgrado, per disturbare, sporcare e, in fondo, inquietarci? Perché i Gabbiani reali a Venezia, Roma e Palermo hanno aggredito alcuni passanti cercando di rubare loro il cono gelato o il panino?

Partiamo dall’attributo che definisce tutti gli animali selvatici che vivono negli ambienti urbanizzati: sinantropi o sinantropici. La parola deriva dal greco syn-, “assieme” + anthropos, “uomo”. Queste specie, siano esse piante o animali, si sono insediate nei nostri spazi urbani perché questi luoghi sono vantaggiosi per la presenza di cibo e rifugi.

Nido di Rondine costruito sul muro di un capannone.

I centri urbani, fin dalla loro origine, hanno costituito per queste specie un surrogato dei luoghi naturali che esse abitavano. I piccoli canori, come le Cince, i Passeri, i Pettirossi, i Verdoni, gli Scriccioli, gli Occhiocotti, le Capinere e i Luì, si sono limitati a sostituire gli alberi e i cespugli che frequentavano fuori dalle nostre mura con quelli dei parchi cittadini. Per Rondini, Balestrucci e Rondoni, la stagionale convivenza pacifica con gli esseri umani è un po’ utilitaristica: tolleriamo che nidifichino su muri e tetti, che in questi casi sostituiscono le rocce che li ospitano in natura, perché si nutrono di quei piccoli insetti volanti, fra cui mosche e zanzare, che tanto ci infastidiscono.

Meno pacifica la convivenza con topi, ratti, pulci e pidocchi che violano la privacy delle abitazioni causando danni e malattie. E se nel caso dei primi due l’alleanza con i gatti può aiutare, per gli altri l’aiuto può arrivare solo da abitazioni confortevoli e rigorose abitudini igieniche.

Stormi di Storni disegnano il cielo delle nostre città prima di scendere nei parchi a riposare per la notte.
Foto di Greg Seed, da Pixabay.

Negli ultimi decenni la situazione è cambiata e le città cominciano a somigliare un po’ alle scene del film di Hitchcock. L’antropizzazione di quei luoghi selvatici, che una volta venivano solo sporadicamente visitati, ha causato la perdita di molti habitat. Anche lo sfruttamento delle risorse naturali, come la pesca intensiva, ha diminuito le risorse alimentari nei loro luoghi di origine costringendo le specie più adattabili a cercare nuovi habitat da colonizzare.

I problemi che queste specie inurbate causano ai nostri centri abitati sono di diversa natura. Gli stormi di Storni provocano forti disagi con le loro deiezioni quando, nei mesi invernali, si riuniscono in grandi formazioni e utilizzano gli alberi dei viali cittadini come dormitori. L’eliminazione delle siepi dalle campagne per sfruttare al massimo i terreni agricoli, ha giocato un ruolo molto importante per la scelta degli Storni. Aggiungo, inoltre, che l’assenza di siepi sta portando ad un grave depauperamento dei suoli sia da un punto vista della qualità che della quantità: gli alberi migliorano i suoli perché ricostituiscono l’humus e la rete formata dalle siepi evita il dilavamento causato dalle piogge intense.

L’atteggiamento confidente dei Colombi di città testimonia la loro provenienza da ambienti domestici.
Foto di Icsilviu, da Pixabay.

I Colombi, che convivono con noi da millenni, da qualche tempo sono diventati un grave problema: possono “permettersi” di riprodursi maggiormente perchè provengono da razze domestiche selezionate per riprodursi più volte l’anno. I Colombi che invadono i nostri spazi urbani, infatti, non sono Colombi di provenienza selvatica, ma Colombi domestici, e in particolare viaggiatori, che abbandonate aie e colombaie hanno scelto una nuova forma di vita. A sua volta, l’abbondanza di Colombi non solo alimenta il randagismo di cani e gatti, ma ha indotto alcuni rapaci a cercare prede in città. E’ il caso del Falco pellegrino, che da oltre vent’anni è diventato stanziale in molte grandi città e che ora è frequentissimo vedere volteggiare nei cieli urbani e nidificare su monumenti e terrazze, come testimonia l’interessante “Grande fratello dei falchi” che si trova su www.birdcam.it: una serie di webcam trasmettono immagini dai nidi dei falchi da tutto il mondo.

A Bari un Falco pellegrino si ciba di un Colombo che ha appena catturato. Foto tratta da un video di “Barinedita”.

Le Cornacchie grigie da qualche tempo si sono inurbate per gli stessi motivi ma, non riuscendo a predare Piccioni o Storni, si dedicano agli avanzi di cibo o alla predazione di uova e pulli dai nidi dei piccoli canori nei parchi cittadini.

Le Cornacchie grigie, pur non essendo aggressive per la nostra specie, rappresentano un grave pericolo per i piccoli canori che abitano i parchi e i viali urbani. Foto di Alefolsom, da Pixabay.

Il vero pericolo, ancora troppo sottovalutato dalle amministrazioni comunali di tutta Italia, è costituito dalla presenza ormai stanziale del Gabbiano reale. Tre primavere fa dalla Terrazza delle Quadrighe dell’Altare della Patria, a Roma, ho messo a fuoco col binocolo oltre 50 nidi! Da allora la cosa non può essere che peggiorata, visto che nel frattempo non c’è stata una efficace politica di eliminazione dei rifiuti. E’ questo il vero, grande problema per cui si vengono a creare disagi e tensioni fra la nostra specie e le altre: la nostra pessima cura delle città e lo spreco fanno sì che rimangano tonnellate di cibo a disposizione di tutti gli animali che, scacciati dai loro habitat, trovano rifugio sui nostri tetti e nelle nostre strade. Nel caso del Gabbiano la situazione è grave perché non si tratta di un animale timoroso. Se ha dei pulli al nido diventa aggressivo e il suo becco può essere davvero pericoloso per un bambino che mangia un gelato.

Un Gabbiano reale cova sui ruderi dell’antica Roma. Foto di Daniela Mackova, da Pixabay.

Cosa si può fare? Rendere inospitali le nostre città tenendole pulite, senza cibo a disposizione e individuando i luoghi più adatti alle nidificazioni per munirli di dissuasori ad hoc. Inutile, come abbiamo già chiaramente espresso in altri articoli in questo stesso sito, chiamare i cosiddetti falconieri. In città ci sono già i falchi e i problemi permangono. Anche gli abbattimenti non risolvono il problema. Lo risolvono per qualche mese, ma nel giro di pochissimo tempo la questione si ripresenta esattamente come prima. Il concetto che deve guidare le nostre azioni in questi casi è: in natura non ci sono vuoti. Appena si apre uno spazio “completo” di acqua e cibo, questo viene immediatamente occupato da una specie. Utilissima invece la raccolta porta a porta dei rifiuti solidi urbani. In città come Venezia ha contribuito ad una diminuzione significativa della presenza di Gabbiani.

Un Gabbiano reale rompe un sacchetto di plastica contenente avanzi di cibo. Foto Klaus Furst, da Pixabay.

E’ evidente la responsabilità di ciascuno di noi nelle situazioni descritte. Un’area urbana è fatta di famiglie e individui e ognuno ha il dovere di assumersi delle responsabilità nella gestione della cosa pubblica. L’affermare che si è “solo” una persona fra migliaia di altre significa addossari agli altri le proprie responsabilità. Due i piani su cui si deve agire. Il primo è quello della delega: al momento del voto, dobbiamo informarci bene su chi potrà amministrare al meglio il nostro spazio vitale. Il secondo è quello personale: non lasciare mai cibo disponibile in giro. Se vogliamo nutrire piccoli canori bisogna fare in modo che le mangiatoie siano accessibili esclusivamente a loro. Se vogliamo aiutare cani o gatti randagi, provvediamo innanzitutto alla loro sterilizzazione e solo dopo nutriamoli, senza però lasciare in giro i loro avanzi! Dobbiamo essere noi i primi custodi delle nostre città. Infine, se vogliamo dimostrare amore e rispetto per le altre specie, dobbiamo fare in modo che possano vivere nei loro habitat naturali, smettendo di continuare a distruggerli o frammentarli.

Crediti

Autore: Anna Lacci è divulgatrice scientifica ed esperta di educazione all’ambiente e alla sostenibilità e di didattica del territorio. E’ autrice di documentari e volumi naturalistici, di quaderni e sussidi di didattica interdisciplinare, di materiali divulgativi multimediali.