Prendiamoci cura della Terra

Il fiume che vorrei

Il fiume Gravina, che scendendo verso il Bradano, continua a scavare il canyon della Gravina che collega la Murgia materana a quella di Altamura. Si nota, in basso a destra, la splendida fioritura di una grande Tamerice (Tamarix Gallica) che impreziosisce la ricca flora autoctona ripariale. (Foto Anna Lacci)

Nessun uomo può bagnarsi nello stesso fiume per due volte, perché né l’uomo né le acque del fiume sono gli stessi. (Eraclito)

I fiumi si costruiscono da soli nel tempo. Le loro acque sposano l’orografia delle aree che attraversano, cercandosi una strada, non sempre la più breve, verso la foce. Con il paesaggio si fondono e lo caratterizzano con rapide, cascate e meandri, divenendo spesso il più importante fattore di connessione ecologica all’interno di un territorio. Il loro alveo è infatti un corridoio capace di unire ed interconnettere le comunità vegetali e faunistiche che si sviluppano in una determinata area geografica.  I fiumi non sono quelle linee rette che trafiggono il paesaggio con i loro alvei lastricati ed incassati in argini megalitici. Quelli non sono che canali di scolo senza alcuna funzione, se non portare via le acque nel minor tempo possibile.

Quando piove su un bosco, la chioma degli alberi rompe la forza della pioggia, questa scorre lungo i tronchi, viene assorbita dalla lettiera e ceduta lentamente ai corsi d’acqua. I fiumi così per tutto l’anno mantengono una portata costante.

Il ruolo che un fiume può giocare nel mosaico ambientale è infatti strettamente collegato alla sua integrità ecologica, che non si ferma certo alla qualità e quantità delle acque. Investe invece le varie componenti del “sistema ecologico fiume”, con in primo luogo lo stato di ricchezza biologica delle sue comunità vegetazionali e floro-faunistiche sia immerse che emerse, in un complesso gioco di interrelazione con gli ecosistemi terrestri attraversati.

Quando piove su un terreno nudo, la pioggia non trova ostacoli e si riversa nei corsi d’acqua, che acquistano velocità e volume, travolgendo tutto quello che trovano. ll fiume distrugge d’inverno e si prosciuga  d’estate.

Se l’uomo non è un’isola “intero in se stesso”, come il poeta John Donne ci ha insegnato, tanto meno lo è il fiume, i cui processi di funzionamento ecosistemico dipendono dai rapporti che si vengono a creare tra le sue acque ed il terreno in cui scorrono.  Questo rapporto finisce per determinare e disegnare tanto la forma del suo alveo che le comunità biologiche che entro ed intorno ad esso si vengono a creare.

Le piante che crescono sulle rive dei fiumi rallentano la velocità della corrente frenandone la forza distruttrice. Se i terreni attraversati dai corsi d’acqua sono coperti di boschi, l’acqua piovana scende verso il fiume più lentamente e l’onda di piena viene smorzata.

Fiume dunque non nell’illusorio concetto di acqua che scorre, ma nel ben più complesso ed intimo rapporto che la massa d’acqua ha con il substrato e le comunità biotiche che vi si sviluppano. Questo soprattutto nella zona laterale del corpo idrico soggetta alla variazione di livello imposta dal regime delle piene. E’ infatti qui che avvengono le regolazioni dei processi ecologici e biogeochimici, in particolare quelli di metabolizzazione  delle sostanze organiche e di abbattimento degli inquinanti che nel fiume si riversano.

Certamente si è tenuto in minimo conto il fatto che le opere di difesa delle sponde – realizzate per ridurre il rischio di esondazione –  hanno determinato la perdita del profilo naturale in ampie parti dei corsi d’acqua,  andando così a ridurre l’interfaccia di contatto tra acqua e sponde naturali, minando profondamente il funzionamento del sistema ecologico fiume.

Se i terreni attraversati dai corsi d’acqua non sono coperti da vegetazione, l’acqua piovana scende velocemente verso il fiume, rompe gli argini e allaga i territori vicini alle rive.

Tale interfaccia agisce infatti quale area ad altissima attività biologica ed ecologica con le sue componenti vegetali sia emerse che sommerse che, in funzione del regime idraulico , controllano i principali processi di scambio ed assorbimento tra acqua e terreno. Non a caso l’Indice di Funzionalità Fluviale (IFF) che permette di studiare il grado di funzionalità ecologica di un fiume attraverso la descrizione dei parametri morfologici e biotici che gli sono propri, si basa su di una serie di domande  a cui rispondere in base a specifici monitoraggi, relative a quattro principali aspetti della ecologia fluviale cosi raggruppabili:

      1.   Condizione vegetazionale delle rive e del territorio circostante il fiume;

       2.   Ampiezza relativa dell’alveo bagnato e struttura delle rive;

     3.   Struttura dell’alveo;

       4.   Caratteristiche biologiche.

Come si può vedere le domande relative allo stato vegetazionale delle rive e del territorio attraversato, costituiscono una delle basi di giudizio primarie, capaci di conferire all’IFF una valore sufficientemente alto e di conseguenza una buona/accettabile condizione di funzionalità ecologica complessiva del corpo d’acqua. Questo nella considerazione che non solo i caratteri di struttura ed ampiezza dell’alveo sono cruciali, ma anche e soprattutto quelli dell’intero  sistema delle rive, in grado di svolgere un insostituibile ruolo “tampone” sia dal punto di vista idraulico, sia limitando l’impatto dovuto ai carichi di inquinanti che dalle aree circostanti si riversano nel fiume direttamente o per percolazione sotterranea.

La centralità funzionale delle fasce tampone riparie è facilmente desumibile dal ruolo che gli viene assegnato negli interventi di recupero degli ecosistemi fluviali, dove la loro ricostituzione è considerata l’elemento più importante del recupero stesso.

La fascia tampone delle rive può essere definita infatti come l’area con vegetazione naturale o naturalizzata interposta tra una sorgente inquinante  (coltivi, aree urbane, …) ed un corpo idrico, fiume o lago che sia.

Essa costituisce la striscia di vegetazione (erbacea, arbustiva, arborea) interposta tra l’ecosistema acquatico e quello terrestre, che in condizioni naturali corrisponde alla fascia in cui avviene l’esondazione. Il termine tampone si riferisce alla “funzione filtro” che è in grado di esercitare sui deflussi idrici che la attraversano e sulle sostanze in essi sospese o disciolte con una parallela funzione di riduzione dei carichi inquinanti e di miglioramento delle condizioni dei corpi idrici recettori, che ricevono in conseguenza acque con un minor contenuto di sostanze inquinanti.

L’elevato valore ecologico delle fasce vegetate di riva è largamente riconosciuto, come dire che il “Fiume Ideale” in termini di funzionalità ecologica è quello accompagnato da un continuum di fascia riparia tampone le cui componenti vegetali vanno a formare la così detta “boscaglia  o foresta ripariale”.

I concetti fin qui espressi non sembrano essere entrati, come ci si poteva aspettare, nelle pratiche gestionali messe costantemente in opera da quelle Autorità che del buon governo degli ecosistemi fluviali hanno la piena responsabilità. Ormai qualche anno fa si son tenuti fior di congressi per far capire agli Enti di gestione che i fiumi erano qualcosa di diverso da spauracchi da tenere a bada con continue opere di contenimento che ne snaturavano del tutto la funzionalità ecologica, senza ottenere in cambio vantaggi in sicurezza accettabili. Il tutto è ben presto caduto nel dimenticatoio e le problematiche legate alla salvaguardia delle comunità biologiche ed alla loro particolare e preziosa biodiversità, sciolte nel nulla. Dobbiamo invece sempre più spesso assistere ad interventi sulla fascia di vegetazione riparia, in funzione di limitare il rischio idraulico conseguente al fatto che la sua componente arboreo-arbustiva sia divelta dalle piene e fluitata nell’alveo, andando ad intasare lo spazio tra le pile dei ponti. Ma quale la causa di tali paventati (o reali) eventi? Ebbene la regolarizzazione delle rive tramite cementificazione non fa che aumentare a dismisura la velocità delle acque e dunque il loro potere erosivo sulle rive, non più protette da vegetazione ben strutturata, principale freno delle acque e dunque garante di limitarne i danni da erosione e sradicamento di alberi!

La necessità di mantenere la naturalità del profilo delle rive nonché della fascia riparia tampone nei riguardi della funzionalità fluviale, diviene assoluta. Questo nei piccoli come nei grandi corsi d’acqua, senza distinzione di sorta. Ma accanto alla funzione ecosistemica di tale fascia vegetata, va ricordato il suo ruolo di contenitore di biodiversità, in quanto costituisce un sistema capace di ospitare comunità animali e vegetali di alto valore conservazionistico.

La salvaguardia delle specie e degli habitat che si sono costituiti lungo i diversi  tratti di fiume, deve di conseguenza costituire una priorità, specialmente se si tratta di specie od habitat di interesse comunitario, come sarebbe richiesto ed imposto dalle Direttive Habitat e Uccelli, elementi cardine nella salvaguardia della biodiversità naturale.

Questi ambienti sono invece sempre più spesso minacciati dai pesanti interventi realizzati in nome della sicurezza idraulica. Tali interventi operati su lunghi tratti di molti fiumi, torrenti e corsi d’acqua minori hanno avuto effetti devastanti sulle biocenosi e sugli habitat ripariali e fluviali. Gli interventi di gestione si sono infatti concretizzati in sfalci della vegetazione erbacea e arbustiva, tagli a raso della vegetazione arborea, riprofilatura dei corsi d’acqua, escavazioni in alveo. Tutto ciò non è altro che un continuo attentato alla biodiversità vegetale ed a quella di specie vertebrate o invertebrate la cui effettiva sopravvivenza dipende solo dalla sospensione immediata dei modelli gestionali adesso messi in atto.

Le finalità di salvaguardia del patrimonio di biodiversità floro-faunistica associata agli ambienti fluviali,  hanno alla base  azioni di monitoraggio che evidenzino l’eventuale presenza di elementi presenti in Direttiva, o comunque di interesse conservazionistico a livello anche regionale, in modo che gli interventi di cosidetta manutenzione siano portati a termine in periodi e con modalità tali da garantire la loro integrità. Tutto questo appare oggi dimenticato!

L’Arno nel tratto che attraversa Pisa. Un fiume che, a causa della “regolarizzazione delle rive”, è esondato più volte causando molte morti e danni alle cose.

Crediti

Autore: N. Emilio Baldaccini. Già Professore Ordinario di Etologia e di Conservazione delle risorse Zoocenotiche dell’Università di Pisa. Autore di oltre 300 memorie scientifiche su riviste internazionali e nazionali. Svolge attività di divulgazione scientifica. E’ coautore di testi universitari di Etologia, Zoologia Generale e Sistematica, Anatomia Comparata.

Disegni: Rossella Faleni. Affermata disegnatrice naturalistica, realizza pannelli didascalici per parchi e aree protette; illustra volumi e guide naturalistiche; crea diorami e allestimenti per musei scientifici; disegna tavole per erbari.